Da Murlo all’Etiopia con i Forni Solari
Sono ormai molti anni che cucino con i forni solari costruiti da me, mio padre e Simone Bazzotti, facendo dimostrazioni di cotture che usano i soli raggi solari. Ho organizzato questi eventi dapprima nel nostro comune di Murlo (SI) e poi in luoghi limitrofi o in altre province, sia come consigliere dell’Associazione Culturale di Murlo, sia in collaborazione con altre associazioni.
Con Simone siamo stati anche premiati dalla Provincia di Siena per "Siena Carbon Free 2015" con il progetto “Forni Solari” [1] e nel 2018 fui ospite di Linea Verde Life all’inizio di una puntata ambientata a Siena [2].
Non mi sarei mai aspettato, però, quello che questa passione mi avrebbe portato nel maggio 2023, e cioè ad un’esperienza davvero meravigliosa ed inaspettata: un viaggio di ricerca in Etiopia per monitorare il corretto utilizzo di una tipologia sperimentale di forni solari messi a disposizione delle comunità indigene nelle Woreda dall’UNIVPM - Università Politecnica delle Marche.
Ma cosa era successo?
Alcuni dei volti in cui ci si può imbattere in Etiopia |
Il progetto WASH-UP
Non mancavano molte settimane a maggio, quando ricevetti una telefonata del prof. Giovanni di Nicola dell’UNIVPM di Ancona per parlarmi di un loro progetto denominato “WASH-UP” che si svolgeva in collaborazione con le università etiopi di Debre Markos e Arba Minch e con la ONG Comunità Volontari per il Mondo (CVM) [3].
Conoscevo il prof. Di Nicola da anni grazie ai forni solari, che per me rappresentano una passione e per lui un campo di ricerca universitaria e interesse professionale.
Wash-Up, mi spiegò, era un progetto triennale avviato nel novembre 2019, volto ad implementare tecnologie sostenibili per l’accesso all’acqua potabile delle comunità etiopi. L’acqua rappresenta un pilastro delle aree di intervento di CVM, specialmente in Etiopia, e nell’ambito del progetto Wash-Up era stata avviata una sperimentazione sull’utilizzo di una tipologia economica di forni solari a pannelli denominati “Kimono Butterfly”, progettati dall’Ing. Matteo Muccioli, per diffondere nuovi sistemi ad energia solare per la cottura di cibi in villaggi rurali dell’Etiopia, i cosiddetti Woreda.
Queste comunità, prive di altre fonti di energia, utilizzano comunemente la legna per cucinare. Tuttavia, i periodi di siccità sempre più lunghi stanno rendendo questo combustibile quasi introvabile, oltre ad essere spesso causa di problemi respiratori. L'uso dei forni solari, oltre a non avere alcun impatto ambientale, proteggerebbe chi deve percorrere molti chilometri per raccogliere legna, solitamente le donne.
Per questo abbiamo pensato a te
Il progetto era in fase di conclusione e c’era una certa urgenza di portarlo a compimento con una missione sul posto. Il problema che si presentava in quel momento era che, tra gli esperti di forni solari, non si trovava nessuno che volesse impegnarsi nel viaggio per questa ricerca, sia a causa della paura di volare di qualcuno, sia per il problema di raggiungere posti remoti, sia per l’approssimarsi della stagione delle piogge, ma soprattutto per i pericoli dovuti alle guerre civili nel nord dell’Etiopia o della malaria nel sud.
“Per questo” - mi disse il prof. Di Nicola - “abbiamo pensato a te”.
Mi venne subito da ridere a questa richiesta con approccio così scherzoso e sincero e la prima cosa che risposi di getto fu: “Ci vorrà il passaporto valido 6 mesi e il mio scade prima; allora dovrò rinnovarlo immediatamente”.
Fu il mio modo rapido e istintivo per dire “Ovvio che accetto”.
E’ iniziata così questa avventura che mi ha portato, dopo poche settimane, a svolgere un supporto all’attività di ricerca diretta dalla Prof.ssa Claudia Paciarotti e dal prof. Giovanni Di Nicola attraverso una missione in Etiopia che si è svolta dal 13 al 21 maggio 2023 o, più precisamente… dal 5 al 13 Gənbot 2015 del calendario etiope [4].
La missione in Etiopia
Giunto all’aeroporto di Addis Abeba, sono venuti a prendermi alcuni volontari del CVM e l’ing. Tariku Negash, dottorando etiope dell’UNIVPM di Ancona. Il viaggio per raggiungere Sawla, nel sud, dove era presente una delle università coinvolte nel progetto, è durato per me quasi 3 giorni, 2 dei quali passati in jeep con i colleghi della missione per percorrere circa 550 km in 2 tappe da 6 ore ciascuna, con variazioni di altitudine dai 930 m ai 2350 m.
Nel percorso ci siamo imbattuti in strade interrotte da acquazzoni, un camion ribaltato, animali e persone lungo strade che possono essere percorse solo di giorno per non rischiare incidenti.
Un tratto di strada percorsa, e un camion rovesciato |
Lungo il tragitto tra Soddo e Sawla ho potuto osservare piantagioni di mais, patate dolci, manioca ed ensete. L’ensete è chiamato anche falso banano per la sua somiglianza con i banani, ma da lui si ricava il kocho, un prodotto ottenuto dalla fermentazione della polpa grattugiata, che in questa zona è di fondamentale necessità nei periodi di siccità per mancanza di altro cibo.
Prima di arrivare a destinazione, ci siamo fermati per una pausa e abbiamo incontrato delle persone del posto che ci hanno raccontato (in amarico) di aver sofferto la fame per 3 anni in quella zona a causa della siccità. Quest’anno, invece, aveva iniziato a piovere un mese prima rispetto alla stagione delle piogge e hanno potuto anticipare le coltivazioni per avere raccolti precoci, ma alcune strade erano franate.
Il quarto giorno è stato finalmente il primo nel quale ci siamo potuti dedicare al monitoraggio dell’utilizzo dei forni solari Kimono da parte delle famiglie etiopi. Per raggiungere i loro villaggi abbiamo comunque dovuto impiegare un’ora di jeep in strade sterrate malmesse e attraversare fiumi a causa di ponti franati, con il rischio di non poter giungere a destinazione ed esseri costretti a proseguire con delle moto.
Alla fine siamo stati fortunati, le frane non ci hanno fermati e quel giorno c’era il sole nonostante l’anticipo della stagione delle piogge! Inoltre le donne dei villaggi, alle quali erano stati affidati i forni solari Kimono, si sono rese disponibili malgrado sia stato il giorno del mercato.
Forni solari, Università di Sawla e CVM
In questi piccoli villaggi, che non erano altro che poche capanne, abbiamo intervistato queste donne sulla loro esperienza con i forni solari, aiutati dai ricercatori dell’università locale e un traduttore, e ci siamo fatti mostrare come avevano imparato ad usarli. Ebbene sì, era necessario anche il traduttore tra etiopi, in quanto esistono più di 80 lingue indigene e non tutti, specialmente in queste zone rurali, parlano l’amarico, una lingua comune.
La giornata è stata intensa ed interessantissima.
In uno dei villaggi per le dimostrazioni con i forni solari Kimono |
In questa parte dell’Etiopia, vicino Sawla, si pianta e si usa la Moringa, una pianta di cui si usano le foglie fresche e si lessano come fosse cavolo nero o spinaci, cibo che abbiamo potuto assaggiare nel pranzo offerto dalle donne di un villaggio.
Una donna del villaggio ci mostra come ha imparato ad utilizzare il forno solare |
Non descriverò qui i particolari tecnici sull’uso dei forni solari perché fanno parte dello studio di ricerca che dovrà essere prima pubblicato dall’Università Politecnica delle Marche e comunque non adatto a questa rivista. Posso dire che, tra i vari aspetti e circostanze esaminate sull’utilità o sulle problematiche legate all’utilizzo di questi strumenti, una in particolare mi ha colpito tra quelle che si possono scoprire solo in presenza: alcune mucche ed altri animali sono passati all’improvviso (come è nella norma, qui) vicino ai forni solari!
Mi venne subito in mente che, in Italia, diciamo sempre che uno dei benefici dell’uso dei forni solari è che possono essere lasciati incustoditi durante le cotture perché non c’è pericolo di dar fuoco a nulla, non si rischia di bruciare il cibo (tranne che in quelli a concentrazione elevata e di grandi dimensioni) e quindi ci permettono di assentarci con tranquillità. Ecco, da noi non ci sono mucche, asini e capre che possono rovesciare improvvisamente forno e cibo in terra, un “particolare” che in Etiopia diviene un fattore importante da tenere assolutamente in considerazione.
Un pericolo inaspettato per le cotture solari |
Alla fine delle interviste e dei test, i pochi uomini presenti si sono dedicati alle loro normali attività quotidiane e un paio di loro si sono messi a calpestare dei mucchi di fieno per estrarne i chicchi. Solo che i chicchi non erano di grano, ma qualcosa di piccolissimo, un’altra delle incredibili scoperte che ho fatto in quei giorni: era il Teff !!
Il Teff è un cereale proprio dell'Etiopia e dell'Eritrea, minuscolo, nutriente e privo di glutine. Mi viene detto che il Teff è prodotto principalmente nel nord dell’Etiopia e in quel periodo, a causa delle guerre, c’erano difficoltà di importazione ed era rincarato. Il governo aveva quindi imposto la semina del grano al suo posto, ma il grano fa guadagnare meno e stava causando scontento nella popolazione. Il Teff che stavano lavorando davanti a me era ovviamente prodotto in loco.
Il Teff è di vitale importanza perchè utilizzato per creare l’alimento principale sempre presente in un pasto etiope, la Injera, così come noi abbiamo sempre il pane fatto con il grano. La Injera è sicuramente il più tipico e importante alimento etiope, ricavato dalla fermentazione e cottura del Teff. Ha quasi l’aspetto di un asciugamano quando viene steso sul tavolo e si usa, strappandolo a pezzi, per prenderci il cibo con le mani, per poi ingerire tutto.
Il giorno successivo, il quinto del mio viaggio, è stato dedicato al seminario in programma all’Università di Sawla, una dislocazione dell’Università di Arba Minch, con circa 9 mila studenti e 1500 accademici. Il seminario si è aperto con l’introduzione del prof. Gebremedhin Chameno, Vice Presidente dell’università e Head of Campus. Ci sono poi stati gli interventi di vari relatori, tra cui i ricercatori dell’Università di Sawla, i volontari del CVM, quello del dottorando Tariku Negash dell’UNIVPM; contributi che hanno spaziato dalle attività di volontariato in atto in Etiopia, alle necessità energetiche dell’Africa, all’aumento della richiesta di legna, l’assenza del “clean cooking” con tutte le problematiche relative all’inquinamento domestico, ai progetti di nuove geometrie di forni solari e molto altro.
Il mio intervento, come incaricato del Dipartimento di Ingegneria Industriale e Scienze Matematiche (DIISM) dell’Università Politecnica delle Marche, aveva come titolo “General knowledge on Solar Cooking Devices Experiences in Italy” e spaziava dai principi basilari del funzionamento dei forni solari, le varie tipologie e il loro utilizzo in Italia. Al termine del seminario ho regalato la versione inglese del mio libro “Solar Cookers” al prof. Gebremedhin Chameno, Preside dell’Università di Sawla, che ha voluto immortalare il momento della consegna in una foto con altri docenti e studenti.
Il momento della consegna del mio libro “Solar Cookers” al prof. Gebremedhin Chameno, Preside dell’Università di Sawla e foto di gruppo dei partecipanti al seminario. |
Il sesto giorno di missione, l’ultimo utile per i nostri lavori, è stato dedicato al monitoraggio delle attività in loco della ONG Comunità Volontari per il Mondo, giornata che mi ha permesso di osservare come stanno operando per gli aiuti sul posto. Tra i lavori e progetti che hanno in corso, ho potuto vedere:
- costruzione di latrine vicino alle scuole per evitare che gli studenti debbano recarsi nei campi per i loro bisogni, riducendo così il rischio di diffusione di malattie tramite le mosche;
- impianti di irrigazione per circa una 40ina di famiglie (credo per un area di circa150 ettari), che necessita di riparazione e manutenzione;
- una pompa per l’acqua potabile in un pozzo artesiano del 2005, che richiede periodici controlli.
Insieme ad alcuni studenti di una scuola etiope |
Abbiamo poi fatto visita a una cooperativa di 23 donne a cui il CVM dà supporto per consentir loro una certa indipendenza, aiutandole anche nella gestione dei risparmi. Queste donne coltivano arachidi, barbabietole, peperoncini, carote, papaya, mango. Negli ultimi 7 mesi, a causa della siccità, hanno ricavato dal loro raccolto l’equivalente, in Birr etiope (ETB), di 100€, e per il prossimo raccolto sperano di ricavare 20-25mila ETB, cioè 330-420€. In banca hanno 12000 ETB, circa 200€ al cambio attuale di 1€ ~ 60 ETB.
Hanno anche un torrente con una fonte per attingere l’acqua dove però non è facile arrivare, almeno per noi. E molti di loro sono scalzi! Per parlarci, anche qui avevamo un traduttore dalla lingua locale all’amarico; poi, un volontario del posto o Tariku ci traducevano in inglese.
In tutti i luoghi che ho visto, ho notato che nessuno fumava. Mi hanno spiegato che chi fuma lo fa in privato perché viene visto male dalla popolazione.
Una tipica capanna etiope e i suoi abitanti |
I nostri compiti a Sawla erano ormai finiti e il settimo giorno, a differenza del dio biblico che si riposò, noi riprendemmo la via di ritorno verso l’aeroporto di Addis Abeba per altri 2 giorni di viaggio in jeep sullo stesso percorso dell’andata… tranne un’altra deviazione per una nuova frana in un tratto del percorso. Il meteo locale mi saluta con un acquazzone impressionante, tropicale, per l’arrivo della stagione delle piogge, per fortuna quando non era più necessario il sole per i forni solari.
L’ultimo giorno di viaggio, in aereo per tornare in Italia e a casa, lo passo da solo, così come il primo, e penso a quante cose ho visto, quante emozioni ho vissuto, quante immagini ho impresse nella mente (e nella macchina fotografica), e quanto ho imparato e quanto sia necessario che io scriva e mi appunti ogni particolare per non dimenticare nulla di questa incredibile esperienza.
Il tempo di 9 giorni che avevo a disposizione non mi ha permesso di raggiungere l’università di Debre Markos, più a nord, zona anche di conflitti armati, ma ha comunque consentito di raggiungere gli obiettivi della missione: l’osservazione dell’utilizzo dei Kimono Solar Cookers; la partecipazione al seminario all’università di Sawla come relatore del DIISM e la visita di alcune delle attività locali del CVM.
I risultati di questa missione che, lo ricordo, si svolgeva all’interno di un programma più ampio denominato “Wash-Up”, avrà come conclusione una conferenza che si terrà all’Università di Ancona.
Per chi fosse interessato a vedere qualche altra foto o un breve video riassuntivo del viaggio può trovare i link nei riferimenti finali [5]. E chissà che non ci scappi una mostra fotografica?
Volti inaspettati alle mie spalle |
Riferimenti e fonti citate
- “Premio siena carbon free 2015: i progetti saliti sul podio della sostenibilità”, https://www.oksiena.it/premio-siena-carbon-free-2015-i-progetti-saliti-sul-podio-della-sostenibilit%C3%80-23133.html
- “Linea Verde Life - Siena”, dic 2018, https://www.raiplay.it/video/2018/11/Linea-Verde-Life---Siena-50729fa4-adee-49ed-a021-8e108b0ef94e.html
- “Wash Up: Formazione per una gestione ottimale delle risorse idriche”, https://cvm.an.it/wash-up-formazione-per-una-gestione-ottimale-delle-risorse-idriche/
- Ethiopian Calendar Converter: https://www.metaappz.com/Ethiopian_Date_Converter/Default.aspx#EthiopianConverter
- Foto Etiopia e video “Solar Cooking Experience in Ethiopia”, https://www.nicolaulivieri.com/slideshow/viaggi_eti.html