Prosegue la caduta degli Dei...
Il tempo corre in fretta portandosi dietro realtà importanti che, per il solo fatto di essere presenti da secoli nel territorio, erano ormai divenute pietre miliari di epoche perdute.
Quando nella notte di luglio di tre anni fa il pino di Murlo si abbatté sulla sottostante strada mutando l'aspetto del paesaggio circostante, per molti si trattò di un evento epocale difficile da accettare come inevitabile. Anche su Poggio Aguzzo era successa una cosa del genere diversi anni prima, ed anche allora si trattava di un pino idealmente posto nei pressi dell'antica necropoli etrusca. Scomparve all'improvviso e quel luogo non sembrò più lo stesso. Per il leccio dell'Orsa il caso è diverso. Contrariamente ai pini la sua base è tuttora stabile grazie alle radici che si irraggiano in ogni direzione assicurando una solida presa mentre i suoi rami che formavano un'immensa cupola verde, non hanno resistito al peso dell'ultima nevicata. Oggi, simili alle zampe dell'enorme ragno all'entrata della Tate Gallery, sovrastano quanto resta della più antica pianta dei boschi di Murlo. Solo alcune foto ne testimonieranno la memoria, dopo che qualcuno le avrà fatte a pezzi per bruciarle nel proprio caminetto.
Quali conclusioni trarre dagli episodi ricordati? La natura segue il suo corso come sta facendo da sempre e come continuerà fino alla fine del tempo, ma per chi rimane cosa resta? L'uomo ha bisogno di certezze che lo rassicurino sulla continuità della vita quotidiana e le piante perdute davano l'impressione di garantirle. Adesso che sono venute meno dovrà mettersi subito alla ricerca di riferimenti altrettanto validi altrove, per riacquistare l'equilibrio perduto... o no?
Nelle immagini il leccio dell'Orsa, fotografato l' 11/07/2007 e il 2/06/2012 (foto di Luciano Scali). |