L'ospedale di San Leonardo nel Vescovado di Murlo
[rubrica STORIA DI MURLO]
(quarta parte)
Un piccolo istituto benefico a Murlo nlle carte dei secoli XVII e XVIII
Amministrazione dell'ospedale: le uscite
Il modesto ricavato dalle proprietà dell'ospedale veniva impiegato nelle usuali opere di carità svolte da tali istituti, nei lavori di restauro dell'immobile di proprietà a Tinoni, nell'acquisto di materiali utili al mantenimento dell'attività di accoglienza. Il santese camarlengo veniva pagato inoltre 2 lire all'anno per la tenuta dei conti, mentre per la loro revisione altre 4 lire ogni due anni le riscuoteva il vicario di Murlo.
Le doti
Fra le attività caritatevoli sostenute dall'ospedale di San Leonardo e consistenti generalmente nella distribuzione di aiuti in denaro a poveri, ammalati, carcerati e bisognosi in genere, era compresa anche - e fra tutte era quella che comportava il maggior esborso - l'erogazione, una volta l'anno, di un'elemosina dotale a una fanciulla povera della Comunità di Murlo in procinto di contrarre matrimonio. Annota il vicario Pandini a metà Settecento: Lo Spedale predetto, con rescritto di Monsignor Arcivescovo, dispensa ogni anno ad una povera fanciulla del Comune, da molti anni in qua, un'elemosina dotale di lire 40. Una tale elemosina dotale vi è la voce che abbia origine da qualche testamentaria disposizione e che debba precisamente conferirsi ad una fanciulla del Comune di Murlo; io però, che ho messo sotto sopra e rivoltato tutto l'archivio, e preso minuto ricordo delle cose più notabili, non ho trovato né l'uno, né l'altro, anziché mi pare di aver ritrovato il contrario; imperocchè, quanto al primo capo, trovo essere state assegnate dagli Arcivescovi le doti ora in somma di lire 20, ora di lire 28, ed anche di lire 30 e di quaranta, colla condizione ancora, se lo Spedale fosse stato in grado di conferirle; quanto al secondo, trovo essere stato conferite le doti a fanciulla d'altra Comunità ancora...(1). Come rilevato in precedenza a proposito della fondazione dell'ospedale e dei beni pervenuti al medesimo, anche sull'istituzione della dote annuale non si hanno notizie: si ignora quando venne posta in essere e se fu voluta o meno da chi destinò le sue proprietà alla creazione del pio istituto. La concessione dell'elemosina dotale da parte dell'ospedale, necessitava dell'approvazione scritta dell'arcivescovo di Siena, al quale le giovani dovevano indirizzare le suppliche; di seguito, l'arcivescovo, dopo essersi informato presso il parroco della comunità o il vicario sulla rettitudine e i buoni costumi delle richiedenti, emetteva il decreto di concessione della dote, che veniva erogata dopo il matrimonio. La consegna del denaro agli sposi poteva essere effettuata direttamente dal santese camarlengo oppure da terza persona, debitrice di canoni o affitti all'ospedale, che poi con la ricevuta doveva documentare l'avvenuto pagamento.
Le doti nel Seicento (1637-1692)
Nel Libro B di contabilità si ha una prima notizia su una dote conferita dall'ospedale negli anni trenta del XVII secolo, quando la pratica doveva essere in uso già da tempo: fra le uscite di Guasparre Pepi e Domenico Gismondi, santesi dal primo gennaio 1637 a tutto giugno 1642, sono annotate settanta lire concesse a Margarita Bianciardi per elemosina dotale, datali da Monsignor Illustrissimo...come per suplica, e benigno rescritto, il dì 25 di Gennaio 1636 (ab incarnatione, quindi 1637). Nei cinque anni e mezzo che durano in carica il Pepi e il Gismondi, in date imprecisate vengono erogate altre dieci doti: un'altra di settanta lire a Caterina Rosi, due di quaranta lire, due di trentadue e cinque di ventiquattro (2). L'importo variabile di queste doti, ma anche delle successive, conferma quanto asserito dal Pandini, mentre, d'altra parte, appare che, perlomeno in quel periodo, ne venissero concesse più di una all'anno e qualcuna (settanta lire) di buona consistenza, segno evidente, al momento, di buone disponibilità finanziarie dell'ospedale. Due sole doti, invece, vengono pagate dai successivi santesi Ghidoli e Carli dal luglio 1642 al marzo 1646: una di trentacinque lire alla figlia di Giovanni di Rinaldo e una di ventiquattro alla figlia di Domenico di Santi (3). Dall'aprile 1646 al dicembre 1660 sono erogate solo otto doti mentre altre otto di importi diversi sono concesse dal Morosi e dal Bellacchi negli anni dal 1661 al 1664 (4). Dall'ottobre 1664 vengono concesse doti in misura fissa di 40 lire, documentate dal Libro B sino al dicembre 1692 (vedi la seguente tabella).
Le doti nel Settecento
A causa della perdita del registro contabile successivo al Libro B, non abbiamo documentazione completa sull'erogazione di doti durante il XVIII secolo; solo alcune carte sciolte, consistenti in suppliche e ricevute di pagamenti, allegate al Libro B, attestano il rilascio di doti anche durante questo periodo. Ad esempio, di seguito sono trascritti la supplica di una promessa sposa e l'attestazione del vicario di Murlo sui buoni costumi della richiedente risalenti al 1776 (5).
Illustrissimo e Reverendissimo Monsignore Arcivescovo
Maddalena figlia del fu Girolamo Boccini di Murlo nel Feudo del Vescovado Foraneo di Siena, poverissima, e miserabile, con altra sorella minore, con la madre, serva e suddita di Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima, reverentemente l'espone come l'onesta fanciulla oratrice è di età d'anni venti, ed è in stato miserabile, ed ha pronta occasione di onoratamente mettersi al mondo, ed è priva d'assegnamenti per poter ciò effettuare; perciò supplica umilmente la somma bontà di Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima a volersi degnare di concederle l'elemosina dotale dello Spedale di San Leonardo a Murlo, solita conferirsi ogni anno nel mese d'ottobre a simili povere fanciulle...
Il vicario di Murlo conferma la condizione della giovane sposa:
Illustrissimo e Reverendissimo Monsignore Arcivescovo
Della domandatami informazione delle retroscritte preci mi do l'onore d'asserire a Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima esser vero l'esposto in esse rispetto alla fanciulla supplicante, essendo la medesima povera, senza padre, nativa di questa Comunità di Murlo di Vescovado, onesta, ed è prossima a contrarre matrimonio con il provido giovine Orazio Bettarelli della Comunità di Lupompeso di questa sua giurisdizione. Questo Spedale di San Leonardo suol conferire ogni anno, con rescritto di Monsignor Arcivescovo, una dote in somma di lire quaranta ad una fanciulla, con la condizione che dentro un anno dal dì del rescritto sia seguita la dazione dell'anello, altrimenti decada, con facoltà nonostante di supplicare di nuovo, a tenor del rescritto dell'Illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Arcivescovo Alessandro Zondadari del dì 20 dicembre 1732 come allo spoglio C di detto Spedale a c.36. Questo è quanto mi stimo in debito di rappresentare per la detta informazione a Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima, alla quale umiliato al bacio della Sacra Veste faccio profondissima riverenza.
Murlo di Vescovado, 30 luglio 1776
umilissimo, devotissimo, obbligatissimo servitore Domenico Antonio Cheli, Vicario
L'arcivescovo Tiberio Borghesi concede la dote:
Concedesi all'oratrice, nelle solite forme, la limosina dotale dello Spedale di San Leonardo da pagarlisi dopo contratto il matrimonio.
Dato in Torri il 14 ottobre 1776, Tiberio Arcivescovo di Siena
(continua)
Note
1) Vedi: Una Signoria nella Toscana moderna. Il Vescovado di Murlo (Siena) nelle carte del secolo XVIII di M. Filippone, Giovanni B. Guasconi e S. Pucci, Siena 1999, p. 55.
2) Archivio Storico del Comune di Murlo (ACM) n.123, Entrate e uscite dello Spedale di San Leonardo, Libro B, cc.4v-6r.
3) Ibidem, c.7r.
4) Ibidem, cc.39v-43v.
5) Ibidem, documenti sciolti.