Il telegrafo di Bidou
SEGNI DELL'UOMO - seconda puntata
Quando venne deciso di trasformare in percorso didattico il tracciato della ferrovia carbonifera di Murlo, questi era ormai ridotto ad un semplice segno nella macchia, dove non tutti i dettagli dell’antica attività apparivano nella loro veste originale. La vegetazione che si era riappropriata del territorio li nascondeva in parte oppure li riduceva a entità di difficile lettura tanto da passare inosservati anche a coloro che alla fine degli anni novanta curarono la parte didattica relativa all’importante sentiero.
Ancora oggi si ripropone la stesso stato di cose con la vegetazione invadente e con i frequentatori attenti piuttosto a dove mettere i piedi che non a viaggiare col naso in aria nella speranza di riuscire a scorgere qualche segno utile a indicare l’antica presenza di una linea telegrafica. Eppure questa linea esisteva davvero collegando la piccola stazione di Murlo col mondo circostante, così come i documenti riportano assieme a qualche residua traccia che il tempo e le frane non sono riusciti a cancellare.
In primo luogo occorre spiegare il rapporto tra il telegrafo della miniera e il “signor Bidou”. L’articolo avrebbe potuto anche chiamarsi “Il telegrafo della Compagnia Francese delle Miniere di Pienza” poiché proprio al periodo di tale gestione occorre far risalire l’adozione del servizio telegrafico menzionato, ma è anche pur vero che nelle vesti del Direttore Generale si trovava proprio il “signor Bidou”. Ma chi era Léon Auguste Clément Bidou?
Un francese nato a Givet il 30 marzo 1848. Aveva terminati i propri studi alla Scuola Centrale nel 1870 facendo gran parte della propria carriera all’estero, in Westfalia e nel Granducato del Lussemburgo. In Italia ricoprì la carica di Direttore della Miniera di lignite e della ferrovia da Murlo a Monte Antico durante la gestione della Societè Anonime des Charbonnage de Pienza. Successivamente, e per breve tempo, fu alla miniera cuprifera di Vallerano e durante il suo soggiorno in Italia raccolse diverse informazioni sulle miniere di zolfo in Sicilia e sui giacimenti di bitume e petrolio delle province di Chieti e Frosinone. Al suo rientro in Francia nel 1884 occupò diverse posizioni in industrie a Longwy, a Auby nei pressi di Douai e infine a Parigi dove morì il 13 giugno 1906 [1]. Dal suo curriculum si apprende che al momento in cui venne autorizzato l’esercizio della ferrovia da Murlo a Monte Antico, il 3 aprile 1877, Leon Bidou era già Direttore della miniera, all’età di soli 29 anni. Durante tale incarico curò la preparazione di una pubblicazione avvenuta nel 1879 dal titolo: Ligniti toscane. Considerazioni sulle tariffe di trasporto ferroviario, a cura della Tipografia Sordo-Muti di Siena. Risultò essere un personaggio perfezionista, formale burocrate con particolare attenzione alla gestione della strada ferrata alla quale dedicò più capitoli del Regolamento generale al fine di garantirne l’efficiente funzionamento. Questa suo interesse prioritario verso la ferrovia lo portò forse a sottovalutare altri importanti problemi di ordine commerciale e finanziario divenuti stringenti con l’imprevisto prolungarsi dei tempi d’avvio dell’attività. Anche se la consultazione del Regolamento sopra citato potrebbe oggi far sorridere per la quantità delle prescrizioni contenute, d’altro canto la dice lunga sulla professionalità dell’ingegner Bidou e sul suo impegno nel portare avanti l’incarico affidatogli. La pubblicazione, che si presenta con il titolo di MINIERE DI MURLO- Ferrovia da Murlo a Montantico: REGOLAMENTO GENERALE, Siena 1881 Tip. Sordo-Muti di L. Lazzeri, è composta da sette regolamenti specifici, uno per ogni servizio. Il telegrafo a Murlo nacque come prima esigenza per seguire i quotidiani trasferimenti del treno lungo il tracciato della ferrovia carbonifera e, in secondo luogo, per comunicare direttamente con enti e istituzioni. Una prova di questo dettaglio la si riscontra nella sezione Orario degli Uffici stralciata dal Regolamento per i Servizi del Telegrafo che, riferendosi al villaggio della Miniera recita così:
Art. 6.- Ogni Ufficio è obbligato a rimanere aperto finché vi sono treni in viaggio, e l'ufficio di una stazione ancorché terminato l'orario non potrà chiudere finché non avrà la notizia che il treno è giunto alla stazione successiva.
La pubblicazione edita in concomitanza all’Esposizione Industriale tenutasi nel 1881 a Milano ove la miniera di Murlo partecipò presentando la propria lignite e campioni di calce e cemento ottenuti da rocce locali, riferendosi al villaggio della miniera stessa, riporta la seguente notizia:
“E' munita di filo telegrafico e l'Ufficio di Murlo, collegato con quello di Monte Antico, è aperto al pubblico dal 1° Dicembre 1880.” [2]
Interessante, no? Ma dove stanno i segni capaci di dimostrare l’esistenza di un servizio telegrafico le cui notizie sono giunte fino a noi attraverso un raro opuscolo reperibile oggi presso la Biblioteca degli Intronati a Siena, in vesti poco appariscenti e riposto in un settore di limitato interesse? Ebbene queste tracce sono tuttora evidenti sotto forma di tre mensole incastrate nei diaspri che fiancheggiano il primo tratto della ferrovia sotto la collina dell’Aiola e di un gancio porta isolatore visibile nei gabbri in prossimità del Ponte di Miro o della Frana (Fig. 1).
Fig. 1. Una delle tre mensole del servizio telegrafico visibili sui diaspri (1881).
Una di queste mensole conserva ancora il perno per l’isolatore a conferma della frase sopra riportata, dove si parla del collegamento con filo telegrafico tra le stazioni di Murlo e Monte Antico. Come già accennato, l’ingegner Bidou era poco incline a lasciare qualcosa all’imprevisto e, nella stesura dei regolamenti, fece ricorso ad una quantità di dettagli esplicativi ritenuta eccessiva, da qualche commentatore odierno, per una impresa come quella della miniera di Murlo. Il suo interesse per la forma lo spinse addirittura a suggerire la foggia di divise capaci d’identificare a prima vista le mansioni di coloro che le indossavano. Comunque sia bisogna rendersi conto che i regolamenti di cui si parla rappresentano una fonte d’informazione non comune fornendo dati inediti da approfondire e dai quali trarre utili notizie. Si riporta così per intero il capitolo IV relativo alla “Linea Telegrafica” composto di cinque articoli, riguardanti direttamente l’operatività del personale che vi era addetto:
Art.18. - La linea sociale è affidata alla sorveglianza del personale del mantenimento della Ferrovia. Entra nelle attribuzioni del sorvegliante di constatare nelle sue visite il perfetto stato della Linea Telegrafica.
Art.19. - I guardiani della ferrovia ogni qual volta visitano il suo tronco, devono osservare anche se il filo telegrafico è buono, se gli isolatori sono intatti, se i pali sono nel loro stato normale. Verificando una rottura del filo o di isolatori, o pali abbattuti, devono procurare di riparare subito, chiamando in loro aiuto i guardiani più prossimi, ed avvisando in pari tempo il sorvegliante, il quale dovrà recarsi sul posto, assicurarsi che la riparazione sia fatta con esattezza, e riferirne poi alla Direzione, facendo conoscere possibilmente quali sieno state le cause del guasto avvenuto.
Art.20. - Presso ciascuna Cantoniera, in consegna al Guardiano addettovi, sarà tenuta una piccola scorta di materiali telegrafici per far fronte alla riparazione di piccoli guasti. Avvenendo guasti di maggior rilievo, e pei quali abbisognino materiali sufficienti, il Guardiano più prossimo si recherà immediatamente a darne avviso alla Direzione, perché questa provveda all'invio del materiale necessario per la riparazione.
Art.21. - Quando la corrispondenza sia irregolare ed interrotta tra due stazioni, il Capo Stazione ne renderà consapevole il Conduttore del Treno che primo partirà nella direzione della linea ove il guasto esiste.
Art.22. - In caso di temporale, l'Ufficio che se ne accorgerà pel primo avanti di togliere gli apparati di circuito, ne avvertirà gli uffici coi quali corrisponde, porrà quindi comunicazioni dirette al Commutatore, se l'Ufficio è intermedio; porrà il filo della linea in comunicazione colla terra se sarà estremo.
Le immagini fotografiche mostrano quanto resta dell’antico impianto telegrafico e la presenza di un gancio porta isolatore assieme alle mensole aventi la medesima funzione, suggerisce il criterio adottato nel tracciare la linea telegrafica. Si apprende così che, all’interno del Villaggio vennero usate come supporto le costruzioni esistenti (come nel caso dei ganci porta isolatore ancora presenti sulla facciata in rovina dell’ex deposito del carbone, Fig. 2), mentre lungo i tratti in trincea si affidò questa funzione alle pareti rocciose e laddove i binari viaggiavano sui terrapieni scoperti o sui tratti in piano si fece ricorso ai pali.
Fig. 2. Supporti per isolatori per l’illuminazione e il telegrafo sull’ex deposito del carbone, conosciuto come podere della Miniera.
La copia di un dispaccio datato 19 settembre 1892 mostra come la comunità di Murlo facesse ricorso al servizio telegrafico della miniera per questioni di pubblica utilità ma del tutto estranee alla gestione della miniera stessa (Fig. 3).
Fig. 3. Un dispaccio del 1892 partito dall’Ufficio Telegrafico Murlo.
Con il fallimento dell’attività mineraria, avvenuto due anni dopo, anche quella dell’Ufficio telegrafico venne a cessare e il materiale che ne faceva parte venne recuperato così come avvenuto per la linea ferroviaria per poterlo poi vendere come rottame. Quanto resta può soltanto testimoniare sull’antica esistenza di un importante servizio e, simile ad una password, può avere anche la capacità di riaprire il discorso su una storia che altrimenti sarebbe destinata all’oblio.
Fonti bibliografiche
[1] Bullettin de la Société Geologique de la France, 1907, pag. 177.
[2] Esposizione Industriale di Milano, Miniere carbonifere di Murlo, Provincia di Siena, Siena, Tipografia Sordo Muti, 1881, Misc: Serv: C. 91- N. 23 (Bibl. Com. Siena).