MurloCultura 2014 - Nr. 2 Speciale Festa in Collina 2014

Il leccio di Casenovole ovvero: continua la caduta degli Dei

di Luciano Scali

Se all’improvviso mi scoprissi d’essere d’animo cattivo, ed anche un po’ superstizioso, potrei credere che nel nostro territorio sia venuta a stabilirsi una entità maligna con l’intento di privarlo di alcuni suoi importanti riferimenti. Per quanto ne so, ne esistevano di numerosi anche in passato, molti dei quali non ho avuta la possibilità di conoscere ma di cui è rimasta la traccia oppure il ricordo. All’incrocio di due strade che un tempo erano importanti c’è un leccio secolare, forse al posto di uno più antico che, per un evento di cui non si conoscono le cause, dette il nome alla porzione di strada dove si trova. A chi, studioso e non, sia venuta la voglia di far scorrere l’occhio sulle mappe del Catasto Leopoldino, non sfuggirà il modo, direi pittoresco di quel tempo, d’indicare le strade attraverso oggetti facilmente individuabili e inamovibili ai quali i viaggiatori potessero fare riferimento. La via “di cresta” che dal valico del Rospatoio digradava verso l’abitato dell’Olivello era conosciuta come: “del Leccio Scritto e del Leccio Bruciato” proprio in relazione a due alberi certamente coinvolti in avvenimenti che li avevano così caratterizzati. Del Leccio Scritto, anche se scomparso e soppiantato oggi da alcuni polloni in mezzo alla via, si sa per certo che doveva il suo nome sia alle numerose incisioni che i viandanti avevano intagliato sulla sua corteccia, sia ai cartelli indicatori che le opposte truppe, in transito durante l’ultimo conflitto mondiale, vi avevano appeso per indicare la via ai reparti che seguivano. Dell’altro, quello Bruciato di nostro interesse, e anch’esso posto al centro del crocevia di strade importanti, sembra che il nome sia legato alla sua fine dovuta al fuoco appiccatovi in seguito ad una storia poco edificante nella quale era stato coinvolto senza colpa alcuna. Personalmente sono affezionato a questa pianta che solitaria svetta in mezzo alla piazzola circondata dal bosco. Essa ha costituito un riferimento sicuro sia per la sua visibilità ed anche per il refrigerio che poteva dare d’estate al passante accaldato proveniente da Murlo o da Casciano. Alla sua ombra ho sostato varie volte assieme a persone care che in qualche modo hanno incrociato la propria vita con la mia e, simile a una “password” è ancora quella pianta a richiamarle alla memoria facendomi rivivere per qualche attimo emozioni ormai sopite col passare del tempo. Esistono ancora cose, immagini e luoghi dalla valenza particolare, ai quali sono ancorati ricordi di avvenimenti semplici all’apparenza, ma dall’alto contenuto emotivo capaci di rievocarli ogni qualvolta s’incontrano. Il leccio di Casenovole è uno di questi. Ricordo i miei primi soggiorni a Murlo quando, conquistato dalla bellezza selvaggia e serena del territorio, mi aggiravo alla sua scoperta e nel farlo imboccavo senza pensarci, strade e sentieri sconosciuti per arrivare non so dove, ma nella certezza di restarne comunque appagato. Erano emozioni che ad ogni ulteriore scoperta, si rinnovavano in diversa misura, stimolandomi a proseguire. Giunsi per la prima volta al piazzale del leccio in una mattina di prima estate proveniente da Bufalaia. La salita che dal Crevolicchio vi conduce, sembrava non finire mai e quando vi giunsi le nuvole basse di quella mattina la lambivano al pari di una nebbia cosicché, in pochi attimi, mi ritrovai ricoperto di goccioline d’acqua gelata. Imboccai la via a sinistra e poi a sinistra ancora giungendo al podere abbandonato di Casenovole. Appoggiato alla spalletta del pozzo e riguardando la scala d’accesso alla casa dove era nata una pianta di fico ebbi come una folgorazione ricordando d’avere letto tempo prima che quel luogo era chiamato Casanuvola forse in riferimento al fenomeno che stavo osservando e che, per la sua frequenza, aveva suggerito il nome per quel posto. L’idea di ritrovarmi con la testa tra le nuvole mi mise di buon umore dandomi la certezza che non lo avrei più dimenticato.
Tra poco il Leccio Bruciato scomparirà senza ardere sul posto, come narra invece il suo stesso toponimo, ma lo farà definitivamente poiché è impensabile che qualcuno ce lo rimetta ancora. L’attuale, ormai seccatosi per il distacco di parte della corteccia avvenuto probabilmente per l’urto di mezzi meccanici impegnati nel taglio dei boschi, non ha avuto la forza di rigenerarsi e di sopravvivere.
C’è forse una morale in tutto questo oppure non è successo nulla d’irreparabile? E’ pur vero che ogni giorno se ne vanno tante persone importanti e non, senza che ce ne accorgiamo o senza fare una piega e quindi perché prendersela poi così tanto per un albero che non serviva più, che ben pochi hanno visto e che dalle sue spoglie se ne ricaverà qualche metro di legna da ardere. Perché allora allungare il discorso continuando a sofisticare sopra un presunto valore simbolico perduto che, a conti fatti, interessa a ben pochi. Discorso ineccepibile da parte di chi non vede al di la del proprio naso e non percepisce l’importanza di certi simboli i quali racchiudono in sé storie secolari ma senza senso per chi non le conosce o preferisce non apprenderle. Coloro che da ora in avanti si troveranno a transitare da quel posto senza scorgervi il leccio di Casanuvola, non si porranno domande e neppure ne sentiranno la mancanza perché non ne conoscevano l’esistenza. Una cosa è certa però: senza saperlo e senza colpa si troveranno più poveri, man mano che continueranno a venire meno quei riferimenti posti dalla storia a custodia dell’identità del nostro territorio.
Simili agli dei di wagneriana memoria, la loro progressiva scomparsa continua a trascinare nella propria caduta i resti di un passato di cui erano i testimoni. Con l’ottimismo del bicchiere mezzo pieno, vorrei vedere in ciò che accade, il preludio del cambiamento verso una realtà migliore alla quale difficilmente potrò assistere ma di cui, fin da ora non mi sentirò privato.

 

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