Riflessioni di un alloctono
Da qualche anno l’afflusso della gente in visita al Castello di Murlo e al suo Museo Archeologico si è rallentata ma le domande delle persone veramente interessate al nostro territorio non si sono scostate di molto da quelle formulate in origine, al momento della sua apertura:
“Ma come vi sentite a abitare in questo posto?”
La risposta è sempre la solita già scontata in partenza:
“Veramente bene! Abbiamo l’aria buona, non ci sono troppi rumori né inquinamenti, gira qualche soldo, si mangia da Dio perché la maggior parte delle materie prime adoperate la produciamo noi e poi…”
“E poi?” “E poi siamo pieni zeppi di storia e di cultura perché, se proprio non lo sapete, siamo anche gli ultimi discendenti degli etruschi, non come quelli che lo millantano senza esserlo, noi siamo quelli buoni davvero com’ha dimostrato l’equipe torinese del DNA, venuta qui tanti anni or sono.”
“Addirittura? Allora anche lei è etrusco!”
Ohi, ohi… ecco qui che casca l’asino perché anch’io dico di esserlo, e in parte è vero ma i miei nonni materni erano pugliesi, gente tosta non c’è che dire, come nonno Nicola medaglia d’argento conquistata dando la caccia ai briganti in Sila, subito dopo l’Unità d’Italia. Ecco, questi risvolti cerco di non metterli in piazza anche perché, se lo facessi il discorso non finirebbe più e poi cosa potrei inventare? Io a quel tempo non c’ero mica e quel poco che so me l’ha raccontato mia madre buonanima, quindi faccio finta di niente e tutti zitti. Però a rifletterci su, mi scopro d’essere in pace con la mia coscienza visto che la stirpe di mio padre, toscano d’Asciano e di Gargonza, risale a chissà quando e il suo ricordo si perde nella notte dei tempi. Tra l’altro, e non vorrei sbagliarmi, che ai tempi di Dante, un certo “Ser. Manetto Scali” veniva inquisito a Fiorenza per le sue tendenze diciamo: un po’ cleptomani. Ma non rivanghiamo troppo il passato e torniamo al presente, o meglio a chi leggendo queste righe, potrebbe definirle come un maldestro tentativo di riscaldarsi coi classici pannicelli caldi anche se una punta di vero c’è e che quando fa freddo son buoni anche quelli, molto meglio di niente. E allora? Allora tutto questo discorso per dire che se andiamo a frugare nei fatti privati delle persone, può succedere benissimo di avere delle sorprese con il rischio di sfatare qualche mito e ridimensionare convinzioni già consolidate nel tempo.
Un esempio parlando tra noi: “Te sei di Murlo?”
“Io si… vedrai ci so nato!”
“Anche il tu’ babbo?” “Non proprio, ha sposato una di Casciano ma lui veniva da Bucine.”
“E te?” “Anch’io so nato qui, ma la mi’ mamma era siciliana e alla mi’ sorella gli ha fatto portà le sottane lunghe finché un s’è sposata… e poi a te che te ne frega, eh?”
“A me niente ma da quel che ho capito di murlesi o cascianini, di quelli boni, intendo, ce n’è pochi… o no?”
“E’ si, ci siamo un po’ mischiati, ma che vuol dire?”
“Vuol dire che anch’io, nato a Siena, nella nobile contrada del Nicchio, di fronte alle Vedove e rifinito a Murlo trent’anni fa posso dire d’essere murlese perché qui ci sto bene e che pur stando da solo mi par d’essere in famiglia. Dico bene o no?”
“Parole sante! Dai, gnamo si va al Libridinoso a festeggiare quanto s’è detto con un bianchino, pago io!”
“Nient’affatto, pago io!”
“Stai a sentì bellino ma che hai voglia di leticà? Facciamola finita subito: prima pago io e poi il rinzillino lo paghi te, ti va bene?”
“Benissimo! Allora andiamo.”
Così è andata a finire e la bevuta ha suggellato la raggiunta comunione d’idee sul controverso problema dell’identità etrusca che Dio solo sa come starà veramente.