Un luogo speciale
NOTE DAL TERRITORIO
Che il territorio di Murlo sia un luogo speciale lo sanno tutti e non solo per quanto riguarda le sue ascendenze etrusche e villanoviane ma soprattutto per le scoperte inedite che non finiscono mai di stupire. Si ha l’impressione che il circondario si sia animato d’improvviso con la voglia di raccontarsi, di mostrare i propri lati nascosti anche banali all’apparenza, ma che una volta messi in fila acquistino il valore di un discorso, di una storia affascinante che sembra non aver fine. Quello che più sconcerta è il riconoscerli nelle cose sotto i nostri occhi da sempre, magari nemmeno troppo nascoste a dire il vero, ma con l’indiscussa capacità di non farsi notare. Se poi, d’un tratto vengono scoperti dal curioso che si aggira nella zona forse alla ricerca di se stesso, la cosa è presto fatta e la storia, quella vera prende finalmente avvio.
Forse ben pochi sanno che la collina sotto la quale nacque il villaggio minerario era detta “del Farneto” proprio a causa di alcune farnie che vi si trovavano e, che il restante comprensorio si chiamava invece “Bosco della Mensa e delle Macchie di Murlo”. Buona parte del territorio apparteneva da secoli alla Mensa Arcivescovile di Siena e solo dopo l’avvento dell’unità d’Italia fu alienato a privati i quali, per nulla sprovveduti, si accorsero subito delle risorse ivi contenute in quantità tali da essere degne di un razionale sfruttamento. Nell’osservare attentamente il poggio in questione ci si accorge che è formato da due parti ben distinte a contatto tra loro di cui quella sud costituita da rocce calcaree e l’altra a nord dalle cosiddette marne di Murlo. Queste rocce antiche, per loro stessa natura costituiscono ottimo materiale per la fabbricazione di calce aerea e cemento a lenta presa. Se si pensa poi che dietro a detto poggio, entro a due bacini contigui si era formato un consistente deposito di lignite, era facile dedurre di trovarsi in presenza di favorevoli condizioni per dare avvio ad una attività dai promettenti risultati.
Fig. 1. Il Poggio “del Farneto” con la polveriera, le fornaci e le scorie della fornace conosciuta come la “Fortezza”. |
Ciò premesso ritorniamo al curioso che si aggira nella zona munito dello stralcio di una mappa reperita nella biblioteca degli Intronati a Siena, in cerca di tracce che lo conducano a ritrovare l’ubicazione di semplici manufatti ivi riportati. Proprio sulla cima del poggio, a lato dello stradello che lo aggira, si notano ancora i frammenti di laterizio di quella che un secolo e mezzo fa doveva essere la struttura della polveriera. Ubicata in un luogo non troppo distante dal villaggio per restare “a portata di mano”, era posta in una posizione di sicurezza dove, in caso di deflagrazione l’onda d’urto potesse avere sufficiente spazio per espandersi senza fare danno. Poche decine di metri più a sud, proprio al limite del contatto tra il balzano e le marne, si notano ancora le tracce di una piccola fornace a buca laddove, con tutta probabilità, venne prodotta proprio la calce occorrente alla costruzione della polveriera. E i mattoni? La fornace di laterizi che fornì il materiale per la costruzione dell’intero villaggio, e ancora presente fino ad un secolo fa nei pressi della cosiddetta “Centrale”, dovette produrre anche quello della polveriera distante appena qualche centinaio di metri. Ma la singolarità del luogo non si esaurisce qui perché nei pressi della piccola fornace menzionata venne allestita una lunga scenderia per trasportare il carbone estratto dai cantieri sud del bacino del Serpentaio, nel sottostante piazzale delle cave di calcare e marne, attigue alle fornaci e al deposito del carbone allestito nel villaggio. Al limite sud di questo piazzale si nota ancora la presenza di due fornaci murate per calce ivi aggiunte e operanti dopo l’avvenuta chiusura definitiva della miniera e quindi dopo lo spegnimento di quelle industriali continue. Ulteriori tracce forniscono nuove informazioni all’osservatore curioso di conoscenze lontane da aggiungere alla cartina che ha dato avvio alla sua ricerca. Queste lo aiuteranno a scoprire come l’andamento delle marne punti decisamente a nord verso Murlo e la Pieve a Carli mentre quello dei calcari volga a est in direzione del poggio della Fornace e Arniano. Questo comprensorio è tutto un susseguirsi di fornaci per calce, sia artigianali a buca che altre, come quelle del Massarri, di Arniano e Nicche, più complesse e di maggiore produzione.
Fig. 2. Nella carta a sinistra, gli affioramenti di Marne di Murlo e Calcare Balzano (in colore) e le fornaci di calce (cerchietti colorati). A destra, la foto aerea del 1954 dove sono visibili (indicate con la freccia) le due colate bianche di rosticci riversate nella riva destra del Crevole. |
Ma come spesso accade gli avvenimenti si susseguono veloci sovrapponendosi ai preesistenti cosicché una piena improvvisa del Crevole cattura le attenzioni focalizzandole sul destino di una discarica di “rosticci” (scorie) accumulatisi dinanzi alla fornace che li aveva prodotti, per frantumarli e spazzarli via disperdendoli poi lontano lungo il greto del torrente. Un altro segno sconosciuto di lavorazione antica, scomparso per eventi naturali e non più allineato con quelli sopra descritti ma con i quali condivideva la testimonianza di un’epoca che ormai appartiene alla storia del nostro territorio.
Quale conclusione trarre dall’osservazione di segni residui di trascorse esperienze capaci di far ritenere eccezionale il luogo di cui si parla? Non vorrei sbilanciarmi troppo nel formulare giudizi ma preferirei invece soffermarmi sulle indicazioni accennate per invitare il possibile interessato a approfondire i temi indicati ricavandone le desiderate risposte.
Non so se il tutto potrà funzionare come auspico, ma il provarci non costa nulla e può darsi sia possibile concludere alla fine, che sia stato giusto l’aver ragionato in siffatta maniera.