La fossa di fusione a Murlo
Ricordo di un quinquennio di seminari
In ogni comunità che si rispetti esistono momenti speciali che restano impressi nella memoria fino al punto da farli apparire mitici. Il tempo, oltre a portarsi via persone, progetti e sogni, si porta via anche illusioni e la voglia di fare cosicché quanto realizzato in momenti felici apparirà lontano e irripetibile, da ricordare con nostalgia. Ma non sempre è così. La memoria è un qualcosa da assistere con cura, poiché il trascorrere del tempo ne sfuma i contorni e ne appanna la sostanza. Quel patrimonio culturale derivato da esperimenti fatti, dal confronto di idee e dalla condivisione dei risultati che solo operando in un clima di unione d’intenti è possibile ottenere rischia così di scolorarsi se non scomparire del tutto. L’idea di seminari incentrati sull’archeologia sperimentale rappresentò un esempio unico, non riscontrabile nei comuni del circondario ed ebbe una grande risonanza in ambito internazionale convalidata dalla pubblicazione di rare monografie alle quali collaborarono archeologi e esperti provenienti da prestigiose università italiane e straniere. Tra queste iniziative ebbe grande risonanza la ricostruzione in scala di una fossa di fusione eseguita sul modello di una di età ellenistica scavata a Rodi, nella quale vennero sperimentate le varie fasi della preparazione della forma, della cottura e della fusione di un grande bronzo. In quell’occasione venne conseguito uno dei più importanti risultati dell’intero esperimento, ossia la constatazione che la forma dovesse montarsi all’interno della fossa. Altri seminari avevano avuto luogo in precedenza quando Edilberto Formigli, con il suo esperimento, dimostrò che il forno verticale rappresentato sulla kylix di Berlino, da sempre ritenuto come un forno per la fusione del bronzo per le statue greche, era invece un forno polifunzionale adatto ai lavori di forgiatura e alla fusione di piccole quantità di bronzo occorrenti per effettuare saldature in ambito di una fonderia. Purtroppo di questo manufatto realizzato a suo tempo da Gino Civitelli non rimane gran cosa ma le fotografie che vennero scattate per l’occasione ce lo mostrano in tutta la sua interezza. Col passare del tempo, eventi di tale levatura iniziarono a rarefarsi mentre diveniva sempre più problematico il reperimento delle risorse occorrenti alla pubblicazioni dei risultati ottenuti durante le esperienze fatte. Il professor Formigli nel frattempo venne chiamato a importanti incarichi presso musei e università prestigiose sia per illustrare i principi e le tecniche d’avanguardia sperimentate nei seminari e nei restauri di bronzi antichi, sia per esprimere pareri su opere di oreficeria ritrovate o recuperate. Le strutture usate per i vari esperimenti rimasero così inutilizzate e soggette a inevitabile degrado per mancanza di manutenzione mentre i risultati ottenuti con tali mezzi vennero dimenticati dai più. Come purtroppo accade chi si avvicinava per la prima volta al manufatto fatiscente nel parcheggio di Murlo qualche domanda doveva porsela. La persona seria si sarà detta : “Cosa può rappresentare l’ammasso di rottami che sto vedendo assieme a mattoni ammucchiati vicino ad una buca nel terreno e l’oggetto non meglio identificato con tutti quei tubi attorno?” Il primo giudizio poco benevolo sarà andato nei confronti di chi aveva consentito che una cosa simile potesse avvenire, mentre avrà tentato di carpire una qualche spiegazione dalle illeggibili didascalie nelle bacheche. Altri invece col solito sorrisino irridente si saranno limitati a domandarsi cosa ci stia a fare nel parcheggio di Murlo “quel pollaio” laddove sarebbe utile ricavare maggior spazio per le vetture in sosta. Di solito il giudizio dei più si sofferma solo a quanto riesce a vedere poiché il domandarsi cosa possa nascondere o abbia potuto significare va al di là della loro capacità intellettiva. La ricerca della giusta risposta richiede sforzi ai quali ben pochi sono avvezzi e quindi affidarsi alla prima impressione, tutto sommato può essere più conveniente.
Ad ogni buon conto la nostra Associazione Culturale ha fatto del restauro della fossa di Fusione di Rodi uno dei suoi obiettivi culturali di quest’anno per una serie di motivi che vanno dal riconoscimento del valore didattico degli esperimenti a suo tempo realizzati, all’apporto che questi dettero alla conoscenza di Murlo e del suo territorio, alla capacità di aggregare esperienze di ricercatori d’estrazione diversa su tecniche di archeologia sperimentale legate ai grandi bronzi antichi e all’oreficeria etrusca e di consentire la realizzazione di inedite pubblicazioni che sono andate ad arricchire le biblioteche universitarie e i musei archeologici di ogni continente. Ad onor del vero dobbiamo riconoscere che il richiamo all’unione di forze e d’intenti non si è rivelato vano poiché l’Amministrazione Comunale, le Associazioni, i privati cittadini e imprese locali hanno aderito con entusiasmo, affinché quanto auspicato da tempo venisse realizzato. Quel luogo ha cominciato così a rianimarsi tornando ad essere il cantiere di antica memoria e consentire a quel minuscolo complesso, nato oltre un ventennio fa sulle ali di tanto entusiasmo e voglia di fare, di riprendere forma e dignità. A quel tempo qualcuno dei comuni vicini disse che solo a Murlo avvenivano degli autentici miracoli. Di solito l’esperienza insegna che difficilmente i miracoli si ripetono; ma se invece questa volta fosse proprio così?