Considerazioni sopra “annotazioni” anonime sul sentiero didattico della ferrovia delle Miniere
Nell’editoriale di questo numero vorrei soffermarmi su alcune considerazioni che mi sono venute spontanee alla vista di due note. La prima, incollata sul disco di divieto di transito all’inizio del percorso didattico della ferrovia delle Miniere e la seconda sulla spalletta destra del Ponte Nero. Su quest’ultima però non voglio spendere parole e tempo perché non li merita. Mi soffermerò pertanto sulla prima per sottolineare appunto, il concetto di spontanee considerazioni, sui segni lasciati lungo il tracciato dall’azione degli agenti atmosferici e da coloro che in questi anni vi sono transitati con intenti diversi. Il progetto originario del sentiero didattico si riprometteva il recupero del percorso sul quale, nei primi anni dell’Unità d’Italia, personaggi lungimiranti avevano immaginato e realizzato una delle prime ferrovie private della novella nazione. Un progetto ambizioso e d’indubbio fascino, precursore di risvolti culturali di grande rilievo per la sua collocazione in un contesto dove si succedono formazioni rocciose risalenti al giurassico ed al cretaceo tali da fargli assumere il connotato di autentico museo a cielo aperto. Alle realtà naturalistiche presenti venivano a sommarsi i segni dell’uomo, riscontrabili non solo nei resti dei manufatti riconducibili al periodo dell’attività mineraria, ma anche a quelli dei mestieri perduti legati all’attività boschiva, alla preparazione dei leganti attraverso cave e fornaci abbandonate e ai mulini con ancora le strutture annesse chiaramente leggibili. Una zona incredibile ed unica, ai bordi di un torrente capriccioso con la facoltà di scomparire durante i periodi di grandi siccità ma capace di trasformarsi d’improvviso in autentico castigo di Dio con le sue piene devastanti. A tutto questo poi, la congiunzione con l’altro torrente che fino ad un secolo fa portava lo stesso nome, in un punto ove sui poggi circostanti un antico borgo con castello e un monastero si fronteggiavano a poca distanza da dove Alarico con i suoi cosiddetti barbari procurò grossi dispiaceri alle ville romane lungo l’Ombrone. Tutto questo in un contesto che, grazie al sentiero didattico della vecchia ferrovia è divenuto alla portata di tutti. Proprio così: di tutti. Degli amanti della natura per quanto essa offre, di coloro che nel silenzio immaginano di rivivere l’atmosfera di antiche storie oppure di recepire l’ispirazione per creazioni artistiche e letterarie o chi invece, approfitta del luogo ideale per smaltire nella corsa le incipienti rotondità. Tutte cose positive supportate, almeno nelle primitive intenzioni degli incaricati a realizzarle, da una didattica sotto forma di cartelli illustrativi con spiegazioni bilingue. Ma come tutti sanno, ogni moneta ha il suo rovescio e alla luce del giorno si alterna il buio della notte, proprio così: il buio dell’ignoranza e della cattiva educazione sinonimi d’inciviltà, di disprezzo o incuria per la Res Publica come l’ignoto acculturato estensore della nota menzionata giustamente cita. La “Cosa Pubblica” ovvero quella cosa della quale è stato smarrito il senso, di cui ognuno di noi dovrebbe avere cura senza bisogno di apporre cartelli per rammentarlo o mettervi un cerbero a fungere da dissuasore o scaccino. Strano a dirsi ma tra la gente civile le cose incustodite si custodiscono da sole perché a mettervi accanto qualcuno di guardia equivale a offendere l’educazione e l’onestà di coloro che a quelle cose si avvicinano sapendo che non si tratta di proprietà privata ma di tutti. Così il sentiero didattico, nato come percorso culturale naturalistico è divenuto, come l’esempio della moneta insegna, il mezzo da usare per interessi personali. La storia, che l’anonima nota sottolinea, ebbe inizio con una serie d’interventi clandestini, come: la rimozione della sbarra d’accesso per l’introdursi con vetture in zona pedonale o con mezzi meccanici per il taglio del bosco; fecero seguito poi la distruzione del monolite sul fosso dei Castagni, l’allargamento con mezzi meccanici del sentiero, con conseguente frana, per permettere la rimozione del legname ricavato da piante abbattute anche in proprietà comunale e quindi: “Res Publica”. Ma poiché non esistono limiti alle trasgressioni, è di questi giorni il taglio di piante lungo il sentiero dopo il ponte sul Crevole e così la storia si innesca di nuovo senza apparente possibilità di soluzione a meno che non si riesca a convincere le persone a non appropriarsi o danneggiare i beni comuni. Più facile a dire che a fare a meno che, visto che si sta parlando di cosa pubblica e quindi di proprietà di ognuno di noi, non si decida di improvvisarci tutti guardiani impegnandosi in prima persona, a custodirla e difenderla, senza pretendere che siano sempre gli altri a doverlo fare. Vorrei concludere con un’ultima considerazione sull’avviso affisso dall’ignoto moralizzatore all’inizio del sentiero didattico. Come sopra accennato non dovrebbe esserci bisogno di cartelli per indicare alle persone ciò che si possa o non si debba fare per due semplici motivi: A chi non sa leggere il cartello non serve come, del resto non serve a chi non vuol sapere. Servirebbe solo un po’ d’educazione e il rispetto per la “Cosa Pubblica”. Tutto il resto è niente!