Ode al cuculo
Per rimanere in tema di poesia e invitare a partecipare numerosi anche al concorso di quest'anno, proponiamo una poesia a tema primaverile, arrivata qualche tempo fa alla Redazione e dedicata al cuculo (Cuculus canorus), che come forse non tutti sanno è un parassita di nidi altrui: la femmina cioè depone le uova nel nido di altre specie di uccelli, che covano e allevano loro malgrado l'intruso.
Svelto svelto contadino
non vorrai restar digiuno
cava il pane dal cuscino
non aspetto più nessuno.
Sono il cucco tanto atteso
prima o poi devo tornare
e se a letto t'ho sorpreso
vedrai che si mette male.
O cucco, cucco dalle penne d'oro
dimmi quant'anni sto a prender tesoro!
Conta conta contadino
conta il canto mio indovino
O graziosa fanciulletta
che mi ascolti da lontano
tu mi pare hai troppa fretta
di concedere la mano.
Affacciata al davanzale
guarda bene chi t'invita
che se poi lo scegli male
ci starai tutta la vita.
O cucco, cucco dal becco fiorito
dimmi quant'anni sto a prender marito!
Conta conta fanciulletta
conta gli anni e poi aspetta
Tutti gli anni c'è chi attende
il mio nuovo vaticinio
mai nessuno mi difende
dalle accuse di quel Plinio
che diceva sono un vile
a fuggire luglio e agosto
e che solo un incivile
può far l'uovo di nascosto.
O cucco, cucco dall'occhio cattivo
dimmi perché sei così tanto schivo!
Senti senti grande etologo
sta' a sentire il mio monologo!
Quando vidi il primo giorno
poi che il guscio si fu aperto
mi guardai perplesso intorno:
perché il nido era deserto?
C'eran forme intorno astruse
guardai meglio ed eran uova
tutte quante ancora chiuse:
strano che nulla si muova.
Ero proprio tutto solo
quasi stavo a farne un dramma
quando invece arriva in volo
un grande uccello: è la mamma!?!
Notai che fu ben sorpresa
della nascita precoce
ma ben presto si fu arresa
alla mia possente voce.
Mi riempiva di delizia
ai richiami prolungati
accorrendo con dovizia
con insetti prelibati.
Poi, come natura vuole
da quei gusci stenterelli
nacque il resto della prole:
ora avevo dei fratelli!
Come accade facilmente
a chi è più grande e grosso
io mi feci prepotente
e beccate a più non posso.
Non bastaron le premure
della mamma poveretta:
quelli sotto le torture
prepararono vendetta.
E mi vollero umiliare
a imitare il loro verso
poi facendomi notare
che il piumaggio era diverso.
Ero triste più che mai
allorché mi alzai in aria:
fu così che cominciai
la mia vita solitaria.
Ho capito dopo un po'
che la mamma, quella vera
il mio uovo lo lasciò
presso una capinera.
Il cuculo parassita
delegando un altro uccello
si semplifica la vita:
fa covare questo o quello.
È una lunga tradizione:
sceglie un nido e poi aspetta
l'attimo di distrazione
per lasciarvi l'uovo in fretta.
E affinché all'ingannata
non risulti un uovo in più
preso un della covata
lo fa rotolare giù.
È per questi miei attributi
— te lo dico per inciso —
che a gran parte dei pennuti
io risulto un poco inviso.
Ma voi umani siete amici:
me l'ha detto anche il cantore
delle umil tamerici
che gli porto il buonumore.
E per farvi cortesia
quando arriva Primavera
per chi ama la Poesia
canterò mattina e sera.
Murlorenz