Sui 100 anni dall’entrata nella Grande Guerra
NOTE DAL TERRITORIO
Il 2015 sarà un anno molto ricco di iniziative in ricordo della Grande guerra, tenendo conto che il Regno d'Italia dichiarò guerra all'Impero Austro-ungarico il 24 maggio del 1915, 6 mesi dopo l'effettivo avvio del conflitto. Avvicinandosi a grandi passi verso il centenario dell'ingresso italiano nel Primo conflitto mondiale è opportuno fare una piccola riflessione sul contributo dato dal territorio murlese a quella pagina drammatica della nostra Storia nazional-contemporanea. Cento anni fa quindi migliaia di italiani combatterono per la prima volta sotto un'unica bandiera contro un nemico comune.
Vero è che pochi anni prima c'era stata l' "impresa" in Libia, ma questa ebbe un peso davvero modesto rispetto alla Prima guerra mondiale.
Nelle trincee vivevano, gomito a gomito, ragazzi che a stento riuscivano a capirsi mentre parlavano, segno di un'unità nazionale ancora giovane e di una forbice che stava già allargando il suo taglio di disuguaglianze fra un centro-nord in grado di iniziare una timida affermazione industriale e un sud che era rientrato, dopo l'entusiasmo garibaldino, in un guazzabuglio di contraddizioni. Un dualismo che, 100 anni dopo, ancora è arduo affrontare e cercare di risolvere.
Non è il caso qui di ripercorrere le dinamiche italiane durante quei tristi anni [1], né ricordare che gli esiti di quella guerra furono fra le cause di anni difficilissimi per l'Italia a causa della nascita del Fascismo e dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Quello che ci preme è un piccolo ricordo dei murlesi che partirono per i fronti (in particolare sui tre più importanti aperti contro gli Imperi centrali: Trentino, Cadore e Carnia). Tanti giovani strappati alle loro famiglie dalla coscrizione militare che combatterono e morirono per difendere i "sacri confini", soffrendo le assurdità della guerra di logoramento nelle trincee e l'inettitudine dello Stato maggiore italiano fino all'avvicendamento del generale Luigi Cadorna col generale Armando Diaz.
Il fronte era lontano dalla nostra realtà ma la situazione era difficile per tutti pure a Murlo. L'economia di guerra rendeva difficile le condizioni per le classi sociali meno abbienti. Non accaddero eventi tragici nelle nostre terre, come purtroppo 30 anni dopo, ma i padri, i mariti e i figli erano a combattere e l'angoscia serpeggiava fra le famiglie. Ricostruire con fonti certe queste vicende ormai lontanissime non è affatto semplice, così come nella semplice trasmissione orale dei nostri compaesani le vicende sono ormai molto sbiadite. Chissà se qualcuno dei "nostri" fanti, in quegli orribili 3 anni e 5 mesi, perì durante la tragedia di Caporetto? Chissà quanti entrarono festanti a Vittorio Veneto, a Trento e a Trieste ai primi di novembre del 1918? A testimoniare quell'assurdo sacrificio sono testimoni oggi due lapidi nel nostro comune, una sul muro della chiesa di Casciano, l'altra sul muro di quella di Vescovado (realizzata per la consacrazione della nuova Parrocchiale di San Pellegrino).
La prima richiama i caduti della pievania di Casciano, la seconda aggiunge ai nominativi presenti sulla prima anche quelli di Vescovado e delle altre frazioni [2].
Leggendo i nomi di quei ragazzi, morti sulle pietraie del Carso, nel Cadore, sul Piave, nella Carnia o nel Trentino, arriviamo alla cifra di 73 persone morte per una guerra che fu sì vinta ma a prezzo carissimo e con conseguenze deleterie visto che la Prima guerra mondiale e le condizioni di pace che ne scaturirono furono di fatto una delle cause stesse della Seconda guerra mondiale.
A Vescovado poi fu realizzato il Viale delle Rimembranze, come in tanti altri centri italiani, con due file di cipressi lungo la strada che immette al centro del paese e che all'epoca non presentava nessuna costruzione lungo il percorso. Gli stessi cipressi avevano una targhetta a segnalare i caduti della Grande guerra, cosa che pure diversi cittadini oggi ricordano.
La Grande guerra mondiale non portò purtroppo all'Italia i benefici che il governo liberale sperava. In pochi anni gli spiriti di libertà e democrazia, che spinsero anche settori importanti della sinistra massimalista italiana a schierarsi a favore della guerra contro gli Imperi centrali, furono sopiti dalla dittatura fascista che piegò, con un uso politico della storia distorto e col mito della vittoria mutilata, la memoria della Prima guerra mondiale a mero orpello retorico e pseudo-patriottico svuotato di ogni valore. Essa fu per molti un evento distruttivo, anche per chi dalle trincee poté tornare a casa, ma permise a molti italiani di "conoscersi" di vivere una sorta di battesimo di fuoco dopo le vicende risorgimentali vincendo una definitiva Guerra d'indipendenza dopo quelle del XIX secolo.
Oggi è difficile fare commemorazioni di eventi tanto lontani come 100 anni fa, i testimoni diretti non ci sono più e la memoria di quei momenti, come detto sopra, sta svanendo di famiglia in famiglia.
Ciò però non toglie che il ricordo, commosso, per i nostri concittadini che all'epoca servirono la patria, debba essere alimentato e rispettato.
Note
[1] Una bibliografia esaustiva sulla Grande guerra sarebbe enorme, così come sul solo ruolo giocato dall'Italia in quel conflitto. Ci pare giusto però segnalare che proprio in questi mesi sta uscendo una saggistica veramente notevole, fra questa suggeriamo due volumi curati da storici italiani, la ristampa aggiornata di un classico: M. Isneghi, G. Rochat, La Grande Guerra 1914-1918, Il Mulino, Bologna, 2014 e N. Labanca, Dizionario storico della prima guerra mondiale, Laterza, Roma, 2014.
[2] Osservando la foto si può leggere che la lapide fu voluta da don Niccolò Legaluppi ma ultimata nel 1929 da don Vittorio Giannelli che fu parroco a Murlo fino al 1956.