La Strada dei Frati
I PERCORSI DELLA MEMORIA
Tra gl'infiniti tracciati che in ogni territorio s'intrecciano tra loro, ne esistono di particolari che si differenziano in maniera sostanziale dagli altri in quanto rappresentano una specie di "memoria storica" tale da conferire loro uno speciale stato di eccezionalità. La cosiddetta "strada dei Frati" è una di queste. Quando giunsi per la prima volta a Murlo e ne sentii parlare in gran segreto, mi fu risposto che si trattava di una via nascosta, sconosciuta ai più, attraverso la quale i frati di Montespecchio si recavano a Crevole per consultare il Vescovo, senza percorrere i sentieri battuti da tutti. Uno stradello appena accennato tra boschi e forre, stabile dimora di creature selvagge come i copiosi segni del loro passaggio ancora oggi testimoniano. Il riuscire a percorrere questa traccia per intero equivale a una autentica avventura, oltre a una sfida con se stessi per le difficoltà reali e immaginarie alle quali si va incontro. Malgrado tutto questo bisogna riconoscere che il percorrerlo rappresenta un'esperienza unica, difficile da dimenticare.
La percorrenza effettiva si avvia dall'edicola della Riserva Naturale Basso Merse dedicata a Montespecchio nel piazzale dei lecci" (quota 341 m), alla cui sinistra inizia a discendere un sentiero originariamente chiuso da catena che in circa 300 metri di percorso e 60 di dislivello, conduce ai ruderi dell'Eremo di Montespecchio (quota 282 m). Quivi la sosta è d'obbligo data l'importanza di quanto resta del complesso agostiniano, unico nel suo genere dal punto di vista storico-culturale.
La chiesa era ubicata sopra un insolito tratto in piano, frutto forse di una frana prodottasi in epoca antica sul fianco di Poggio Boschettino, chiamato "Piano degli Altari", dal quale si dipartono due sentieri: quello di destra, oggi impraticabile, che attraverso la pineta, giungeva alla "strada delle Colonne", e l'altro di sinistra che s'inerpica deciso fino ad incontrare la predetta via sulla prosecuzione di quella del Conventaccio, snaturata alcuni anni fa da una cessa taglia fuoco. Si può imboccare quest'ultimo seguendo alcuni segnavia e aiutandosi con altrettanti segni naturali come il "Leccio cavo del Picchio" e l'albero abbattuto ormai in fase di disfacimento. A metà sentiero un albero di traverso che costituiva un eccellente riferimento è stato in parte rimosso ma i segni sulla sua ceppaia sono sufficienti a indicare la giusta via.
Ben presto, dopo un ripido tratto viene raggiunta la cessa (quota 304 m). Si sale abbastanza agevolmente malgrado la forte pendenza. Il percorso è vario fra pini superstiti, sottobosco e sassaie aspre contornate da ginepri giganti, col fusto che, in qualche caso, sfiora i 30 cm di diametro, fino a giungere al balcone naturale delimitato da staccionata, dal quale si può godere di una stupenda vista sulla Riserva Naturale Basso Merse fino alle propaggini del monte Amiata che vi fa da sfondo. Un breve tratto in salita porta in cima a Poggio Boschettino (quota 397 m), ignorando l'ultimo tratto dell'antica via ormai chiusa per innestarsi nell'altrettanto antica via di Pian del Re. Si prende la destra e, costeggiando le misteriose mura dell'insediamento omonimo, si procede per circa 200 metri prima di girare a sinistra in una strada ostruitasi qualche anno fa per effetto degli alberi abbattuti da una nevicata eccezionale e poi ricoperti dalla macchia. Un breve sentiero aperto dai cacciatori evita l'ostacolo naturale e dopo altri 200 metri la strada si restringe totalmente e il bosco detto della "Selva Buia" appare in tutta la sua compattezza. Ai limiti della macchia, il pino giovane con la base scorticata dai cinghiali indica l'apertura del sentiero che si snoda pressoché in piano (quota 360-370 m), salvo in due punti caratteristici. Per questo il sentiero della Selva Buia si può suddividere in tre tratti:
- il primo tratto, piuttosto fitto e tortuoso, che va seguito con cautela: dal pino scorticato a una conca erbosa attraversata da un tributario del Fosso della Mortola. Occorre fare attenzione in questo punto poiché il fosso è nascosto dall'erba alta intramezzata da rovi; per imboccare il secondo tratto del sentiero bisogna tenersi sulla sinistra in alto;
- il secondo tratto, abbastanza pianeggiante, prende avvio dalla conca erbosa per giungere a una sassaia di serpentinite nera che si apre a ventaglio; per imboccare il sentiero giusto occorre seguire il tracciato indicato da un fusto di pino ormai in dissolvimento tenendosi sul lato destro in basso fino ad incontrare un mucchietto di sassi coperto da un frammento di tegola; proprio di fronte a questo riferimento di apre la terza parte del sentiero; per la cronaca, dalla sassaia ne parte un altro a sinistra in alto il quale, attraversato il bosco fitto, incontrerà il tracciato dell'acquedotto;
- il terzo tratto prosegue abbastanza spedito fino ad una seconda conca dove scorre il Fosso della Mortola; oltre questi si deve scavalcare l'albero posto attraverso il sentiero, quindi dopo qualche centinaio di metri, seguendo il segnavia verde, si gira a sinistra di 90 gradi circa per trovarsi sulla cessa dell'acquedotto accanto a un capanno di frasche dove i cacciatori ivi nascosti, sparano agli uccelli che, attratti dai richiami, si posano sul prospiciente "seccaione" (quota 375 m).
Percorsa una ventina di metri sulla cessa si segue lo stradello in discesa fra interessanti varietà di serpentino fino alla strada del Leccetino (quota 340 m) per proseguire, sempre a destra, verso il Crevolone al quale si giunge dopo un tratto ove possono notarsi varietà domestiche residue di campi coltivati invasi dalla vegetazione quali castagno, olivo e melo, frammiste alla macchia forte del bosco.
Giunti al torrente, invece di procedere verso il guado naturale di fine strada, bisogna dirigersi a sinistra al momento in cui la strada stessa volta a destra (quota 230 m).
Occorre seguire l'argine sinistro del Crevolone "a salire" seguendo il tracciato di in sentiero ormai invaso dalla macchia, oppure, in caso di siccità, entrare nel letto del torrente e procedere per circa 50 metri, quindi spostarsi sull'argine destro fra due alberi segnati, e proseguire fino a quando la parete scoscesa del bosco sotto Le Piaggette non finisce e appare il tracciato di un fosso proveniente dal poggio ma libero da ogni sorta d'arbusti. Occorre seguirlo fino a quando non appare sulla sinistra il sentiero che sale abbastanza agevolmente. Vari segnali si susseguono anche se non è difficile seguire il sentiero. Si costeggiano due piazzole (ex carbonaie) e s'oltrepassa il bivio con un sentiero in discesa, a sinistra, usato dai minatori di Casciano per recarsi al lavoro in miniera: il cosiddetto Sentiero Piano. Con un ulteriore breve strappo si giunge alla via che da Casenovole porta all'Olivello (meglio conosciuta: del Leccio scritto e del Leccio Bruciato) (quota 323 m). Praticamente il percorso boscoso è terminato e inizia una strada in terra battuta larga 3 metri circa, rimasta per breve tempo interamente rotabile a seguito dei lavori effettuati, purtroppo vanificati sia da eventi naturali ma, soprattutto, dalla percorrenza di mezzi meccanici di grosso tonnellaggio usati per smacchiare il legname di risulta del taglio del bosco. Si prende a sinistra, verso nord; si attraversa il tracciato dell'acquedotto di Murlo e, costeggiando il bosco della Mensa, s'inizia a salire fino a raggiungere il piazzale antistante il cancello d'ingresso del podere Casenovole (quota 396 m). Fino a due anni fa, nel crocevia delle quattro strade di Casenovole un leccio rigoglioso rappresentava un riferimento insostituibile assieme all'altro posto più a sud vicino alla località di Pietra Focaia, tanto da dare il nome a tutta la via così come risulta dal Catasto Leopoldino ovvero la già menzionata "Via del Leccio Scritto e del Leccio Bruciato". Ma poiché non esiste limite al rispetto della Res Publica come direbbe un acculturato autore di cartelli, qualcuno alla guida dei mezzi già indicati, asportando una porzione di corteccia allo sfortunato leccio ha provveduto a farlo seccare. Dopo aver presa visione di questa ulteriore "Caduta degli Dei", si prosegue ancora verso nord intersecando l'antica "via che da Casciano porta a Murlo", quindi si costeggia Poggio a Marco, si oltrepassa la cessa del podere di Poggio alle Monache fino ad arrivare all'innesto della strada che dal Rospatoio conduce al Casalino. Ancora a destra e dopo esser passati di fronte a quello che era il podere di Poggio alle Monache (quota 464 m), e ammirati i paesaggi ai due lati della strada, si imbocca la prima via in discesa a sinistra anch'essa snaturata da una cessa taglia fuoco.
Si giunge così a un altro bivio importante, quello di una via di storica memoria detta "di Poggio Pelato e la Busca" che conduce al podere della Bandita, e oltrepassatolo si discende rapidamente al guado sul Crevolicchio (quota 330 m). Dopo il guado, per il sentiero a destra si risale per circa 400 metri e, oltre il bivio "delle Fontacce", si entra nella strada del Villaggio di Crevole (quota 360 m) che dista ormai non più di 250-300 metri. Un percorso veramente speciale che sembra non aver mai fine e che assomma a circa 9500 metri, ma con ben 842 metri di dislivello però!