Le strutture del ponte sul Crevolone
I SEGNI DELL'UOMO
ottava puntata
Quando il tracciato della ferrovia carbonifera fu costretto a prendere una direzione diversa da quella prevista, l'ingegner Marotti si trovò nella necessità di dover risolvere alcuni di quei numerosi problemi che in fase progettuale aveva cercato di evitare. Ma quando i tempi stringono e non si può tornare indietro occorre far buon viso a cattivo gioco e strizzare le meningi alla ricerca di soluzioni giuste capaci da trarre fuori da ogni impasse. Così accadde e, senza rendersene conto, riuscì a dare vita ad alcuni manufatti che osservati da vicino riescono a stupire per la genialità delle soluzioni adottate e l'uso di materiali poveri reperiti addirittura sul posto. L'abbandono della strada ferrata avvenuto oltre settant'anni fa ha lasciato il segno su opere ormai inutilizzate e con nessuna possibilità di recupero all'antica funzione, ma ha conferito loro un'aura di rispetto per quanto ancora capaci di suscitare nell'animo di chi vi si avvicina desideroso di sapere di più sulla loro insolita presenza in quei luoghi. Perché allora non farsi trascinare da tale sana curiosità e osservare più da vicino quanto resta del ponte sul Crevolone, prima che la traccia dell'ormai scomparsa ferrovia si perda nella macchia per sparire nel tunnel ancora aperto delle Verzure? Per raggiungere la valle dell'Ombrone, il massiccio di Monte Ambrogio e le sue propaggini rappresentavano una serie di ostacoli da superare, ma prima di arrivarci occorreva attraversare con un ponte il complesso di tre diverse realtà naturali e non, che richiedeva un'applicazione speciale da dedicare alla soluzione del problema e di farlo con le sole risorse disponibili. Dai rilievi effettuati in loco, laddove l'accesso alle strutture è possibile, sono emerse informazioni inedite difficilmente riscontrabili pur facendovi caso. Il supporre che le dimensioni del ponte potessero differire alle due estremità del terrapieno sembrava cosa impensabile eppure è proprio così poiché si tratta di caratteristiche difficili da rilevare in difetto di accurate misurazioni. Questa singolarità è apparsa evidente nel controllare la larghezza del fornice nord, quello stradale per intendersi, che risulta essere di un metro più profondo rispetto a quello sud che attraversa il torrente Crevolone. Mosso dalla curiosità derivata dalla "evidente discordanza" di misure e stimolato a scoprire le ragioni di quella che appariva "come un'anomalia", è saltato fuori che il piano stradale del ponte su cui poggiava la strada ferrata, si presenta uniforme per tutta la sua lunghezza mentre alla base esiste un allargamento di un metro nel fornice stradale rispetto a quello del torrente. In altri termini lo spessore del ponte, laddove viene attraversato dalla strada per Resi, risulta più largo di un metro rispetto a quello in cui il ponte stesso viene attraversato dal torrente Crevolone. Poiché la larghezza stradale risulta uniforme in ogni punto, la sezione verticale nella zona nord del ponte stesso apparirà rastremata verso l'alto. I rilievi e le foto evidenziano tale stato di cose assieme alla non comune tecnica adottata per realizzare l'intero manufatto. Il ponte che ortogonalmente taglia tre realtà costituite da un torrente, una strada ed il gorello del vicino mulino, posa il suo lato nord sopra un caratteristico terreno marnoso e quello sud sopra la roccia. Da qui la convinzione che la maggiore dimensione del ponte sul lato nord sia derivata dall'intento di ripartire i carichi sopra una superficie più ampia dopo aver verificata la minore consistenza del terreno nei confronti della zona sud. Nell'esecuzione del complesso fu fatto ricorso ad una tecnica molto efficace adottata per collegare più intimamente i materiali impiegati, ovverosia laterizio e pietra concia, per renderli idonei a resistere alle sollecitazioni dei carichi mobili che vi sarebbero transitati sopra. I fornici, con archi a tutto sesto ed estradosso a gradoni per assicurare un appoggio stabile ai paramenti laterali del ponte preposti a contenerne il riempimento, rappresentano un raro esempio di tecnica costruttiva del quale si è ormai persa la memoria. Ma se da un lato, e per ragioni che esulano dalla nostra ricerca, tecniche simili non sono più in uso, costituiscono però la prova di trovarsi di fronte a strutture originali passate indenni attraverso tutti gli avvenimenti della ferrovia carbonifera e risalenti alla prima metà del 1873, ovvero alla controversia con la Cura di Montepertuso il cui risultato decise la modifica del suo percorso e, purtroppo, della sua storia futura. Ma non soltanto quanto accennato è possibile leggere su ciò che resta ma anche molto di più, poiché le tracce del trascorrere del tempo e quelle ancora visibili del susseguirsi delle Società che gestirono l'attività mineraria, riescono a trasmettere ancora utili informazioni. In più punti, sugli archi, sulle spallette e addirittura anche in qualche paramento, fanno mostra di se le chiavi di catene poste in opera per consolidare strutture che davano, o potevano dare, segni di cedimenti. Dalla osservazione ravvicinata di questi "rimedi" si riscontra che le chiavi di catena usate nel consolidamento del fornice stradale, erano state ricavate da spezzoni di binario tipo "Vignoles" ovvero dall'armamento della prima ferrovia a scartamento normale Murlo-Volta al Salcio.
Fig. 1. Particolare del fornice stradale del ponte sul torrente Crevolone, con evidenziate le chiavi delle catene di consolidamento della struttura, realizzate con spezzoni di binari "Vignoles". |
Fig. 2. La stupenda tecnica usata sull’arco del fornice sul torrente Crevolone per far correre in piano il paramento esterno atto a contenere il riempimento del ponte stesso. |
Tali operazioni di consolidamento delle strutture, fanno ritenere che buona parte di queste siano state eseguite durante la gestione SAI Ansaldo allorché la Società provvide a radicali modifiche nel villaggio minerario e nei cantieri oltre al consolidamento delle opere d'arte nel tracciato della carbonifera e all'ammodernamento del deposito alla Volta al Salcio. In tale occasione vennero recuperati residui spezzoni di Vignoles del Moncenisio dopo l'avvenuta vendita dei binari a seguito del fallimento del 1894. Tracce ancora visibili nella muratura convaliderebbero tale ipotesi, dimostrando l'avvenuta posa in opera delle catene in tempi successivi a quello di realizzazione della struttura.
Per le altre, poste sul fornice del torrente, il discorso cambia poiché la chiara forgiatura delle chiavi e la loro posizione all'interno del manufatto ne farebbe risalire la posa in opera al momento della sua costruzione proprio con l'intento di assorbire le componenti di trazione delle sollecitazioni trasmesse al ponte dal passaggio dei convogli.