Quel carretto nel palazzo comunale
ANTICHI MESTIERI
Alcuni giorni fa, entrando nell'atrio del palazzo comunale, mi sono accorto che il consueto assetto del luogo è cambiato per la presenza di un oggetto alieno... d'altri tempi, che fa bella mostra di sé tra le bacheche piene zeppe di avvisi e manifesti vari che ben pochi si soffermano a leggere. Si tratta di un carretto di legno tinteggiato di grigio che ostenta sulle fiancate del cassone la scritta in nero: "COMUNE DI MURLO". Le due falde inclinate a mo' di tetto e apribili a libro, gli conferiscono l'aria di una casa viaggiante, priva di finestre ma con la parte frontale munita di due cerniere orizzontali in modo da poter scaricare il contenuto alzando il carretto e tirando su il peschio di chiusura. Sui lati tre ganci: due da una parte per tenerci le scope e uno dall'altra per attaccarci un secchio!
Appena l'ho visto è come se avessi fatto un salto indietro di oltre settant'anni, quando ancora ragazzo ne vedevo circolare qualcuno a Siena, in periferia perché in città lo spazzino, così si chiamava colui che aveva a che fare al recupero dei rifiuti, non viaggiava col carretto ma piuttosto con un sacco nel quale vuotare le pattumiere che ogni famiglia metteva fuori del proprio uscio di casa. Un carretto simile, all'interno delle mura urbane veniva usato da chi spazzava le strade e dai giardinieri, specie quelli che operavano attorno alla Lizza o a Piazza d'Armi i quali, in quel caso, oltre che alla granata di scopo si portavano dietro anche la pala. Non è vero che la curiosità è solo donna ma diviene quasi ossessione per chiunque veda aprirsi d'improvviso una porta sul passato. Ogni dettaglio diviene così una password trascinando con sé anche qualcuno dei ricordi ad essa collegati e quindi non ho esitato ad aprire uno dei due sportelli di chiusura per vedere come il cassone fosse fatto dentro. Tutto rivestito di lamiera zincata e ancora ben mantenuto, mostra quanto impegno avesse messo lo stagnino del momento a rivestirlo così, come del resto, aveva fatto il falegname prima di lui nell'assemblarlo. Infatti se si guarda bene si scopre che i frontali e le fiancate sono uniti tra loro per mezzo di pregevoli incastri a coda di rondine e proprio a tale dettaglio debbo l'apertura di un'altra porta nell'archivio della mente. Non si trattava di carretti allora ma di elaborati che ognuno di noi doveva realizzare presso la scuola di avviamento al lavoro "Tito Sarrocchi". Ricordo perfettamente quel periodo ed anche il professore che c'insegnava. Era scorbutico ma aveva le mani d'oro e durante il triennio trascorso assieme riuscì a farci realizzare gli attrezzi con i quali avremmo dovuto poi lavorare ad opere di falegnameria. Tenone e Mortasa, così si chiamavano i due pezzi elementari che costituivano il cosiddetto incastro a coda di rondine, ma era solo l'inizio poiché da essi derivavano altre giunzioni ad angolo più o meno semplici che potevano divenire sempre più sofisticate fino ad arrivare a quelle a scomparsa, dove le famose code di rondine restavano all'interno e potevano vedersi soltanto quando l'angolo era smontato. Piccoli capolavori dei quali si è persa la memoria, soppiantati da altre tecniche, senz'altro rispettabili ma prive del tocco di genialità e di mestiere che le personalizzava. Un dettaglio di fabbricazione e subito ricordi lontani di oggetti che iniziano a raccontarsi indipendentemente dall'uso a cui erano destinati. Strano come un oggetto comparso d'improvviso dal passato di Murlo abbia avuta la capacità d'innescare ricordi così simili ai miei che di questo paese ne ignorava persino l'esistenza.