MurloCultura 2015 - Nr. 6

La tettoia del piano caricatore

di Luciano Scali

 

I SEGNI DELL'UOMO

nona puntata

 

Il curioso che di solito "viaggia a piedi", fa molta attenzione a dove li posa durante il suo spostamento e se la strada è di quelle all'antica ancora bianca e polverosa, può accadere di notarvi insolite "anomalie" che il manto di asfalto invece ricopre. Queste si manifestano dopo aver attraversato il villaggio della Miniera a partire dall'inizio del cosiddetto "piano caricatore", subito dopo la fornace a produzione continua di calce meglio conosciuta come "la Fortezza". Si tratta di tracce di muratura a livello strada che in origine costituivano i plinti delle colonne realizzate per sorreggere una tettoia sotto la quale sostavano i treni in attesa di caricare dapprima carbone e, in seguito, laterizi. Una foto scattata attorno agli anni venti del secolo scorso, mostra tali operazioni mentre un treno sosta proprio sotto quel piano di carico (fig. 1).

 

Fig. 1. Il piano caricatore alle Miniere di Murlo in piena attività negli anni 1918-1920, quando la copertura e la fornace Hoffman non erano ancora stati costruiti; a destra si intravedono i camini della fornace detta "La Fortezza", non ancora modificati dalla SAI-ANSALDO (foto gentilmente concesse da Rosalba Orlandi Ghilardi).

 

I pilastri a quel momento non erano ancora stati realizzati ma lo saranno in seguito, come il pittore Dario Neri nel suo disegno ci indica (fig. 2). Nella scena da questi rilevata osservando il villaggio dai pressi della Casaccia, possono notarsi i sostanziali cambiamenti apportati alle strutture produttive dell'originale villaggio, sotto la spinta dei programmi innovativi voluti dalla SAI "Gio. Ansaldo" che a quella data ne curava la gestione. Proprio alla estremità del villaggio, sul lato sinistro del disegno, si nota una imponente costruzione composta da più fabbricati nei pressi dell'esistente fornace per calce che mostra, anch'essa, un aspetto sostanzialmente modificato.

 

Dario Neri
Fig. 2. Il disegno di Dario Neri, datato 1920, dove il pittore ritrasse il villaggio minerario osservandolo da nord-est, dall'altezza del podere Casaccia. Con il cerchio rosso è evidenziata, in fondo al villaggio, la copertura del piano caricatore con le fornaci Hoffman e accanto, fumante, la fornace di calce chiamata "la Fortezza", con le modifiche apportate dalla gestione SAI-ANSALDO (dal Catalogo della mostra, Nuova Immagine, 1996).

 

La carenza di documenti riferibili al periodo della gestione Ansaldo non permette di stabilire la data esatta delle avvenute modifiche apportate a questa parte del villaggio, ma il breve periodo di gestione le collocherebbe attorno al millenovecentoventi. Se proviamo a analizzare quanto pervenuto fino ad oggi di quel periodo, vale a dire foto e disegno, possono ricavarsi dettagli che riescono a fornire interessanti informazioni. Nella bella foto di fig. 1 vengono evidenziate le operazioni di carico di un treno di carrelli a scartamento ridotto, ovvero di 95 cm circa, mediante un ingegnoso piano inclinato munito di "convogliatori registrabili" per facilitare il trasferimento del carbone. La foto fornisce utili informazioni sui mezzi impiegati e sugli operatori alla manovra dei carrelli. Questi ultimi, infatti, sono del tipo usato in sotterraneo come la loro forma suggerisce, atti cioè a muoversi agevolmente attraverso la sezione ristretta delle gallerie e predisposti per scaricare lateralmente, come del resto si nota in fotografia. Ma la notizia più interessante che l'uso di tale carrello suggerisce, è la provenienza direttamente dalla galleria, che in quel determinato momento forniva lignite "pulita", senza bisogno d'essere vagliata per toglierne le impurità maggiori. Per il materiale proveniente dal vaglio o dal capannone di cernita a mano venivano infatti usati carrelli prismatici a bocca molto più larga e più adatti al servizio esterno, anche se della stessa capacità. Il personale che si nota alla sommità del piano inclinato indica anche le diverse mansioni: le ragazze che si notano sulla sinistra erano addette alla guida dei muli che trascinavano i carrelli della miniera, mentre gli uomini provvedevano alle opere più pesanti come il rovesciamento dei carrelli e il recupero della lignite che poteva uscire fuori dalla guide del convogliatore. Inutile sottolineare che l'asse mediano di ogni singolo convogliatore doveva coincidere con il centro di ogni carrello da caricare, o meglio con l'incontro dei suoi assi di simmetria; il che significa che la distanza tra gli assi mediani di due convogliatori sul piano inclinato doveva corrispondere alla distanza tra il centro di due carrelli vicini. Nel tratto ancora oggi visibile (fig. 3), il muro in pietra con ricorsi di mattoni a contenimento del terrapieno mostra, nei pressi ove questi curva verso il poggio, una nicchia di emergenza ove potersi rifugiare in caso di bisogno.

 

Fig. 3. Nella foto a sinistra in alto, la strada di Miniere di Murlo con le tracce dei basamenti in pietra sui quali poggiavano i pilastri della copertura del piano caricatore; sotto, un particolare del muro di contenimento con la nicchia di ricovero. Nel disegno, una ricostruzione delle strutture ancora oggi visibili: il muro del piano caricatore, i basamenti dei pilastri, e le due piccole fornaci di calce aerea (foto e disegno di L. Scali).

 

Questo dettaglio conferma la minima distanza dei vagoni dal muro per evitare che buona parte del carbone potesse cadere a terra durante le operazioni di carico e quanto fosse utile disporre di un ricovero di emergenza per gli operai addetti al suo recupero. Purtroppo, in altro tempo, della nicchia di cui si parla ne venne fatto un uso diverso riferito all'incidente mortale occorso al Gigli di Resi nei pressi del Ponte Nero. Questi, mentre era addetto al ripristino dell'uso di una fossetta laterale nella trincea di diaspri prima del ponte, venne investito da una frana di roccia che lo uccise sul colpo. I compagni di lavoro provvidero a trasportarlo proprio all'interno di detta nicchia, ove rimase piantonato per quasi tutta la giornata in attesa che venissero espletate le formalità del caso da parte delle autorità inquirenti (notizie apprese da Ernesto Barbi). Senza il disegno di Dario Neri, che mostra chiaramente la complessa architettura della fornace per laterizi, difficilmente si sarebbe arrivati a conoscere l'esatta funzione di quel muro che sovrastando la strada ferrata andava a descrivere la curva verso l'interno seguendo il corso del Serpentaio. In difetto di quel disegno sarebbero restate anonime le tracce a intervalli regolari situate al bordo della via e equidistanti dall'andamento del muro (fig. 3). Cessata la gestione Ansaldo, la fornace tipo Hoffman venne smontata, anche se a tutt'oggi non si ha la certezza che fosse davvero entrata in funzione. Della sua esistenza non dovrebbero sussistere dubbi vista l'accuratezza del disegno eseguito da Dario Neri nel definire i dettagli delle strutture e, soprattutto, la concreta traccia del basamento dei pilastri a sostegno della copertura predisposta a protezione delle operazioni di carico del treno. A questo punto però una precisazione è d'obbligo: con le fornaci Hoffman in funzione il treno non avrebbe più caricato lignite sotto il piano caricatore, ma solo laterizi. Oggi, scomparse le fornaci Hoffman, è restato solo il terrapieno invaso dalla vegetazione che nasconde, agli occhi del solito curioso, l'esistenza dei resti di due fornacine per calce aerea che si possono ravvisare sul piazzale sottostante le cave del Farneto (vedi disegno di fig. 3), conosciute come le "fornaci del Bandini". Sempre in difetto di documentazioni andate probabilmente disperse al momento della cessazione delle attività mineraria, molte sono le ipotesi sulla loro presenza a partire da quella che le vorrebbe costruite per produrre in loco la calce balzana occorrente ai lavori di ammodernamento della "Fortezza", per costruire il piano caricatore e per edificare le scomparse fornaci per laterizi. Tali lavori avrebbero richiesta una quantità non indifferente di calce aerea nel momento in cui la Fortezza stessa sarebbe stata inattiva a causa delle trasformazioni che l'avrebbero interessata. Un altro dettaglio rilevabile dal disegno del Neri conferma invece come l'attività della "Fortezza" fosse ripresa dopo il suo ammodernamento; la copiosa emissione di fumi dalle nuove ciminiere lo testimonierebbe, mentre non se ne vede uscire dalle fornaci per laterizi. Ciò indurrebbe a pensare che tale produzione non fosse mai iniziata, a causa del rapido susseguirsi degli eventi che costrinsero l'Ansaldo stessa ad abbandonare la sua avventura mineraria in terra di Murlo. Ma le due fornacine di cui esistono ancora i resti, potrebbero essere state anche realizzate e messe in funzione in epoca successiva, vista la vicinanza della cava del Farneto e il facile reperimento di fascine dai boschi e dalle macchie circostanti.

Fig. 4. Ricostruzione di un particolare dal disegno di Dario Neri di fig. 1. Si vedono i pilastri e la copertura del piano caricatore e il resto della copertura della fornace Hoffman per laterizi. Subito a destra, con i camini fumanti, la fornace di calce oggi conosciuta come "la Fortezza" (disegno di L. Scali).


A conforto degli appassionati di storia locale si potrebbe aggiungere che il luogo preso in esame riserverebbe ancora la presenza di altri segni dell'uomo, in vari punti e per differenti scopi; un motivo di più per creare l'occasione di tornare ad osservarli più da vicino prima che possano scomparire del tutto...

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