MurloCultura 2016 - Nr. 4

Il tombino del Serpentaio

di Luciano Scali

SEGNI DELL'UOMO

 

Il Serpentaio è quel fosso che prende origine dalle Macchie di via di Cerchia, dall'omonima strada che portava all'Olivello dopo aver attraversata la conca naturale dove fu notata la prima presenza della lignite. Il fosso inizia nella zona accetinata per far posto ai cantieri e precisamente da due rami, uno dei quali nasce nei pressi della sorgente ormai interrata e conosciuta come "La fonte di Venezia". Il riferimento alla città lagunare è recente e risale proprio dal nome di uno dei primi cantieri minerari sorti per estrarre il carbone che in quel punto affiorava. In origine quello che oggi è conosciuto come il fosso Serpentaio, dovette avere la funzione di emissario dell'invaso ove il carbone si era formato durante i periodi di inondazione e di aridità, per aprirsi poi col tempo una vallata tra diaspri e altre rocce antiche e giungere così a immettersi nel Crevole. Le acque del fosso, trascinarono disperdendola, quella parte di carbone che si era formata sulla parete orientale dell'invaso tant'è che ancora oggi, laddove il Serpentaio inizia a insinuarsi nella parte più alta della vallata, è possibile rendersi conto com'esso scorra tra due lati di carbone. Per superare questo fosso con la strada ferrata, fu necessario costruire una galleria in miniatura per lasciar defluire regolarmente le acque provenienti dai territori alti, sovrastata, a sua volta, da un rilevato di terra fino alla quota della ferrovia stessa. Tra due zoccoli laterali d'imposta in pietra concia ben assestata, venne ricavata una "volta a botte a tutto sesto" in mattoni posti per coltello e che oggi, a chi ha la ventura di scendervi per osservarla più da vicino, apparirà con un aspetto singolare, che in qualche modo narra la sua storia costruttiva. Infatti si presenta divisa in due settori di cui quello a monte di aspetto tradizionale con i mattoni a filarotti dritti posti per coltello, mentre quello più a valle realizzato sempre a filarotti per coltello come il precedente ma posti "in diagonale", con un notevole effetto visivo.

Fig. 1. Il tombino del Serpentaio. In alto l'arco a ventaglio della porta di uscita, in basso il punto di giunzione fra le due volte.

 

Personalmente debbo confessare di essere rimasto ammirato da tale soluzione che evitava all'esecutore di procedere alla chiusura della volta "in colmo" come in ogni arco avviene, effettuandola invece senza alcun problema particolare di aggiustaggio, all'inizio ed alla fine di ogni ricorso su entrambe le imposte. Esecuzione più spedita quindi, con l'eliminazione della più impegnativa fase di chiusura. Lo stesso dicasi per l'arco all'uscita del tunnel realizzato con tecnica altrettanto raffinata dove nella parte terminale della volta, i filarotti non vanno a chiudersi sull'imposta inesistente ma sull'arco stesso con un effetto "a ventaglio" reso ancora più evidente per assecondare l'andamento obliquo della strada ferrata rispetto al corso d'acqua in quel punto. Un'opera efficace e intelligente, dall'aspetto inusuale che meriterebbe di figurare a pieno titolo in un manuale di costruzioni e di avere una più ampia condivisione fra gli estimatori dell'arte muraria, purtroppo preclusa non tanto dalla sua ubicazione quando dal poco invitante accesso.
Da quanto premesso, e dall'osservazione del manufatto realizzato visibilmente in due riprese, sorgono spontanee alcune riflessioni nel tentativo di dare una ragionevole spiegazione all'adozione di così differenti tecniche di costruzione per realizzare quello che sarebbe risultato un unico tombino. In origine il fosso scorreva a cielo aperto e solo con la realizzazione della strada ferrata fu necessario superarlo con un manufatto che lo lasciasse libero di fluire sorreggendo nel contempo il relativo terrapieno. La domanda che si pone per prima è la seguente: "Per quale motivo vennero usate due tecniche così diverse per realizzare un unico manufatto avente la medesima sezione trasversale?"
La risposta più ovvia è che la galleria sia stata costruita in tempi diversi dove la parte con caratteristiche più comuni, quella a filarotti dritti, sia da attribuirsi alla proposta originale di Giovanni Cadolini, fautore di una strada ferrata provvisoria di tipo economico, soppiantata poi da un'altra a scartamento normale. A seguito di questo ripensamento in corso d'opera e in previsione del transito di treni di maggiori dimensioni e tonnellaggio è possibile supporre che sia stato ritenuto necessario di dover disporre di una più ampia base sulla quale poggiare il "ballast" più consistente del nuovo binario. Tale ragionamento potrebbe giustificare la stesura obliqua dei filarotti di mattoni del tratto più a valle della volta in un punto del tracciato dove questi descrive un'ampia curva. Il metodo costruttivo piuttosto insolito usato in questa circostanza, ha il pregio di risultare più rapido a porsi in opera rispetto alle volte a botte tradizionali, poiché non è necessario effettuare una elaborata chiusura dell'arco sulla sua chiave, ma solo di procedere a facili aggiustaggi sulle imposte.

 

Il tombino del Serpentaio - disegno di Luciano Scali
Fig. 2. Schema delle due tecniche di costruzione della volta (disegno di L. Scali).


E' possibile anche ipotizzare una seconda risposta ben più attendibile della prima, ovvero che il lato a valle della volta sia stato aggiunto al preesistente in occasione del riarmo della ferrovia da parte della SAI- Ansaldo per conferire più stabilità ad un terrapieno ormai usurato dalle intemperie e dalla mancata manutenzione dopo il suo abbandono per oltre vent'anni a seguito del fallimento della Società Generale delle Ligniti Italiane. Attualmente lo stato della sede stradale non è certo dei più felici visto il suo continuo disgregarsi sulla parte terminale del tombino. Un sollecito intervento destinato a consolidare il terrapieno stradale sarebbe pertanto auspicabile per evitarne smottamenti di più forte entità da doversi poi affrontare in emergenza. Ed infine un'ultima cosa da non sottovalutare: il progressivo riempimento di sedimenti nella tombinatura la cui luce si è ridotta di circa ottantatre cm in altezza negli ultimi undici anni come indicano le foto scattate nel tempo.

 Tombino del Serpentaio - confronto 2005 - 2016
Fig. 3. L'accumulo di sedimenti nel tombino a seguito delle piene degli ultimi tre anni.

 

Perdurando tale tendenza, ed in mancanza di un adeguato dragaggio del sedimento accumulatosi all'interno ed all'imbocco della galleria, se ne rischierebbe a breve termine l'occlusione facilitata anche dall'accumulo di rami e materiali vari trascinati dalle piene come quello in atto sul vicino tombino di Peratti. Le conseguenti infiltrazioni dovute poi al permanere del livello dell'acqua a contatto col terrapieno potrebbero infine rivelarsi imprevedibili, ed anche disastrose, per la stabilità dello stesso rilevato stradale.

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