MurloCultura 2017 - Nr. 1

Sul sentiero segreto delle Civitate

di Luciano Scali

EDITORIALE

Mi sono sorpreso più volte nel constatare come un abituale percorso possa, d'un tratto, trasformarsi in qualcosa di speciale per cause indipendenti dalla propria volontà.
Una luce diversa, l'aria divenuta tiepida con l'approssimarsi della primavera e le siepi che cominciano a vestirsi di fiori e voli d'insetti creando la giusta atmosfera per spingere la mente a proiettarsi in avanti al di là della frotta dei pensieri che vi si affacciano veloci. Mentre il sentiero attorno alle Civitate scorre sotto i passi affrettati, ogni dettaglio che lo affianca diviene di colpo una password capace di aprire le porte che custodiscono i segreti della memoria. Le prime ciocche di Viburno rievocano le parole di nonna Esterina quando, con la sua convincente ingenuità, tentava di spiegare a noi bambini come il profumo di latte di quel fiore fosse dovuto ad alcune gocce cadute dal seno della Madonna mentre allattava il piccolo Gesù; e come il colore azzurro tenue del minuscolo Myosotis ne ricordasse gli occhi. Ancora oggi, qualcuna delle ragazze della mia età continua a chiamarli, appunto: gli occhi della Madonna.
All'inizio del sentiero che discreto si stacca sulla sinistra da quello più ampio delle Starnaie, si gode un paesaggio d'altri tempi dove il villaggio delle Miniere appare intonso facendo da sfondo ad una storia ormai finita da un pezzo.
L'atmosfera primaverile in arrivo rende meno brulle le marne che s'incontrano dove gli affioramenti di galestro sembrano aver perso quell'aspetto che nella stagione appena trascorsa le faceva apparire simili a cumuli di ossa appartenuti ad uno scheletro immane posto in quel luogo a sostegno della collina nel cui interno si custodiscono ancora antichi segreti. "A cosa sarà servito quel vano squadrato dove l'intervento dell'uomo è palese, e che un'ormai inutile recinzione di filo spinato sembra ancora voler proteggere? E quei saggi poco più sopra?".
Magari il viaggiatore inconsapevole costruisce su quelle tracce chissà quali storie, come è successo per qualcuno di noi che, seppur preso dall'euforia del momento, non se la sentirebbe d'immaginare di essere giunto così vicino ad una possibile verità. E' proprio su tali presupposti che la fantasia galoppa sul ripido sentiero davanti agli occhi attoniti del curioso, trascinandolo verso un mondo che non c'è più ma che in questi luoghi si manifesta ancora evidente, dando l'impressione che la scoperta sognata si trovi proprio dietro la curva, laddove il cielo s'intravede tra le foglie dei lecci. La fantasia mette le ali ai piedi facendo dimenticare l'affanno della salita sorretta com'è dalla certezza che giunti al culmine del poggio qualcosa accadrà davvero.
Così è infatti. Il paesaggio si amplia e le crete dove i colli del Chianti e del Casentino fanno da limite a quello che fu il mare pliocenico parlano un altro linguaggio, quello dei nostri giorni, quello di sempre che riporta nella realtà dalla quale il sentiero segreto delle Civitate era riuscito a strapparci. Sentimenti discordanti si affacciano a quella vista, ma di breve durata però perché la naturale bellezza di quanto sta di fronte ripaga ben presto della delusione di essere stati strappati da un sogno straordinario, vissuto questa volta interamente ad occhi aperti.

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