Il passaggio "escondido" di Peratti
CURIOSITA' DAL TERRITORIO
L'inverno è una stagione che al toscano del mio tipo non va troppo a genio anche se non ne metto in discussione il fascino e l'utilità. Dopo la voglia di fare della primavera, le trasgressioni estive, e la rassegnazione autunnale, un po' di letargo invernale non guasta anzi potrebbe essere ritenuto auspicabile. Così è in effetti perché cosa può esserci di meglio di una sortita esplorativa nei dintorni su luoghi già noti ma tutti da riscoprire a causa delle mutazioni avvenute col trascorre di un seppur breve lasso di tempo. Talvolta le modifiche appaiono sostanziali al punto da stentare a riconoscere i luoghi per come sono diventati. Proprio su queste pagine e sotto la stessa rubrica ebbi modo di parlare del Ponte di Peratti, quello che attraversava il torrente allorquando la via per giungere all'Olivello e a Resi mutò di percorso per far posto alla strada ferrata di Murlo. L'attraversamento del corso d'acqua era ricomparso come d'incanto dopo il passaggio della piena dando modo di poter osservare i resti della pila rimasti per lungo tempo sepolti sotto la coltre di sabbia a ghiaia provenienti da chissà dove. Poi, un giorno i reperti scomparvero di nuovo mentre restava ancora visibile seppure semisepolta, la soletta adiacente costruita su tubi di cemento di consistente diametro. Debbo confessare che ci rimasi male nel vederli sparire e, questa volta non sotto depositi alluvionali e di materiali vari, ma spariti davvero come se qualcuno se li fosse portati via poiché il fondo del corso d'acqua non si era rialzato di nuovo e d'intorno non comparivano frammenti di muratura che in qualche modo potessero ricordarli. Poi, col trascorrere del tempo, subentrò una sorta di rassegnazione confortata però dal fatto di avere avuta la chance d'aver assistito ad una seppur breve resurrezione. Oggi nell'aggirarmi oziosamente e senza convinzione nella zona in questo luminoso scorcio d'inverno, mi è parso di sognare di nuovo nel riscoprire, un po' malmessa a dire il vero, la pila ovest di quel passaggio di nuovo dimenticato e che ormai nessuno immaginerebbe fosse esistito. Anche il paesaggio circostante è diverso. Prima dall'alveo del torrente si poteva vedere l'allineamento pressoché totale della vecchia struttura, con la soletta intubata diretta verso la curva modellata nel diaspro proprio per indirizzare il viandante verso l'imboccatura del ponte. Oggi ho tentato di riprovarci col riposizionarmi laddove era possibile avere un colpo d'occhio dell'insieme ma rimanendo deluso a causa di un restone di grandi proporzioni che dopo avere sepolta la soletta preclude ogni possibilità di traguardare la curva di diaspro.
"E ora?" mi sono detto nel rendermi conto di quanto l'ambiente era di nuovo mutato non sapendo se rallegrarmi o meno dell'accaduto quasi che da esso potesse dipendere qualcosa d'importante la cui scoperta potesse essere foriera di chissà quali sciagure o conseguenze. Poi, nel proseguire il mio giro mi sono reso conto come, anche più avanti tante cose erano mutate dall'ultima volta che mi ero recato da queste parti. Ho realizzato, e forse per la prima volta con cognizione, che quanto ci circonda muta ad ogni momento senza che ce n'avvediamo poiché tutto segue senza sosta, e sotto infiniti aspetti, le tre leggi fondamentali che lo regolano: "Erosione, trasporto, deposito". Leggi immutabili che, sotto i nostri occhi assenti, modificano di continuo l'ambiente in cui viviamo.
Strano come queste considerazioni venute fuori camminando, abbiano richiamato alla mente una osservazione fatta quasi settant'anni fa da un professore di fisica dell'Università di Pisa facente parte della commissione d'esame per il diploma. Dopo aver visionato il mio compito di topografia volle incontrarmi ed a quattr'occhi mi disse:
"Vede, ho esaminato con attenzione il suo elaborato trovandolo esatto nello svolgimento e perfetto nella forma. I miei colleghi volevano darle il massimo punteggio ma io mi sono opposto per una ragione pratica che le esporrò. La quota della collina di cui doveva determinare l'altezza era fin troppo esatta! Alla quota ricavata col calcolo lei aveva aggiunto perfino i decimali, qualche centimetro per l'esattezza. Mi segua in questo ragionamento adesso: immagini di dover misurare l'altezza del monte Bianco: d'inverno troverà una quota a seconda di quanto avrà nevicato o meno, d'estate un'altra e allora qual è quella giusta? Ritorniamo sul suo poggio: il mattino dopo che lei lo ha esattamente misurato, il padrone del poggio stesso vi sale e giunto sulla cima gli da un colpo di zappa ed a quel punto che fine fanno i suoi centimetri? Il massimo punteggio richiesto dai miei colleghi glielo avrei dato anch'io se lei, nel calcolare l'altezza del poggio pur perdendosi dietro a irrilevanti decimali avesse pensato di unirvi questa considerazione!" E infine aggiunse: "Non se la prenda, la mano gliela do volentieri lo stesso!"
Non l'ho mai dimenticato.
Le tracce del ponte di Peratti sul torrente Crevole. |