Sulla peste nera a Siena
ATTUALITA' E STORIA A CONFRONTO
Gli effetti della pandemia che l'intera umanità sta subendo, richiamano alla mente quelli del passato, le cui notizie ci sono pervenute da cronache coeve. Qui di seguito vado a trascrivere lo stralcio più significativo di quella di Agnolo di Tura, detto "Il Grasso", cittadino senese che sopravvisse al passaggio della "peste nera" descrivendone gli effetti sugli abitanti di Siena senza immaginare le conseguenze che la stessa avrebbe procurato sul futuro della città. Artisti come Piero e Ambrogio Lorenzetti assieme ad artigiani e personaggi di talento finirono i propri giorni a causa del morbo ed anche il Duomo Nuovo, di cui si ammirano le grandiose strutture rimase incompiuto per il medesimo motivo.
"1348. Vinciguerra da San Bonifazio fu rifermo Podestà in Calende di Luglio. E in quel tempo cominciò in Siena la grande Mortalità, la maggiore, e la più oscura, e la più horribile, che mai si potesse dire, o immaginare; e così bastò infino all'Ottobre 1348. Ella fu di tanta oscurità, che morivano gli huomini, e le donne quasi subito. Ensiava l'anguinaja, e 'l ditello [1], e di subito favellando si morivano. El Padre a pena stava a vedere il figliuolo; l'uno fratello l'altro fuggiva; la Moglie il Marito abbandonava, perciòche si diceva, che s'appiccava questa malattia nel mirare [2], e nell'alito: e così fu vero, che morì tante genti del mese di Maggio, di Giugno, e di Luglio, e d'Agosto, che non si trovava chi le volesse seppellire per denari. Parentado, né Amistà [3], né Prete, né Frate andava con essi, né Offizio si diceva. Anco colui a cui moriva l'Attendente [4], uscito il fiato, sel pigliava o di dì, o di notte, e con due o tre il portavano alla Chiesa; e essi medesimi, dove più tosto potevano, il sotterravano meglio che potevano, e ricoprivano con poca terra, che cani nol mangiassero. E in molti luoghi della Città si fece fosse grandissime di larghezza, e cupe, e poi vi si mettevano dentro i Corpi, gittandoli dentro, e coprivansi con poca terra; e poi vi si mettevano altri Corpi assai, e poi si coprivano di terra; e così si faceva a suolo a suolo tanto che la fossa fusse piena; e da poi si faceva l'altra. E io Agniolo di Tura, detto Grasso, sotterrai cinque miei figliuoli in una fossa con le mie mani; e così fecero molti altri il simile; e che cani ne traevano, e mangiavano di molti corpi per la Città. E non sonavano Campane, e non si piangeva persona, fusse di che danno si volesse, che quasi ogni persona aspettava la morte; e per sì fatto modo andava la cosa, che la gente non credeva, che nissuno ne rimanesse. E molti huomini credevano, e dicevano: questo è fine Mondo. Qui non valeva Medico, né medicina, né riparo alcuno; anco chi più argomento pigliava, più tosto pareva che morisse. E in effetto la mortalità fu tanto oscura, grande, e orribile, che non sarebbe penna, che la potesse scrivere, e trovossi, che moriro in Siena, e né Borghi dentro la Città in questo tempo più di LXXX mila persone."
La peste nera del Trecento ispirò una numerosa iconografia sul tema. In alto, una illustrazione della peste nella Bibbia di Toggenburg del 1411; sopra una miniatura del Trionfo della Morte (codice Palatino 192, Biblioteca Nazionale di Firenze). |
Note
[1] Gonfiava l'inguine e l'ascella.
[2] Guardare.
[3] Amicizia.
[4] Servitore.