MURLOCULTURA
n. 1/2007 |
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Alla scoperta delle origini di una strada
La Via di Siena Ovvero la voglia di percorrelra almeno una volta ad occhi aperti
di Luciano Scali 7a puntata
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Il
villaggio di “Radi di Creta” porta tale nome per
distinguerlo dall’altro detto “Radi di Montagna”
posto nella Montagnola nei pressi di Simignano. Il toponimo era
già noto nel secolo XI mentre la sua attestazione certa come
castello si trova nel Costituto del 1262 in riferimento alla
riparazione da eseguirsi in un tratto di strada rovinato. Secondo le
asserzioni del Gigli, la famiglia Placidi di Siena aveva possessi nella
zona fin dal secolo XII e con tutta probabilità, il Castello di
Radi potrebbe essere stato edificato proprio dagli appartenenti a
questa famiglia.
Comunque in un contratto stipulato nell'agosto del 1220, la famiglia dei Placidi appare venditrice di una parte di detto Castello assieme “alla cessione parimente dei diritti di patronato che aveva nella chiesa situata in detto castello già sotto il Titolo di S. Biagio” (1). Nella seconda metà del secolo XIV e precisamente nel 1365, a seguito di una scorreria, il Castello di Radi soffrì gravi danni, per l’incendio appiccatovi dopo il saccheggio, dalla compagnia di ventura detta di S. Giorgio, guidata da Ambrogio Visconti e da John Hawkwood (Giovanni Acuto) (Fig.1). Fig. 1 - Giovanni Acuto
La famiglia Placidi provvide in breve tempo a restaurarlo ma nel 1393 fu nuovamente espugnato dai Fiorentini che, dopo avere ucciso ventidue uomini, lo dettero alle fiamme riducendolo, come narra il Tizio nelle sue “Cronache”, ad un cumulo di macerie. Da questa data le vicende attraversate del borgo fortificato di Radi sono poco note per la difficoltà di reperire notizie attendibili. L’unica certezza consiste nel fatto che l’attività della Parrocchia di S. Pietro a Radi continuò, probabilmente fra mille difficoltà, anche nei periodi più difficili e tristi della guerra di Siena secondo quanto appare dalla cronologia dei Rettori che si succedettero alla sua guida senza visibili interruzioni di continuità (2). Come accennato nel quaderno precedente, l’aspetto del luogo sul quale sorgeva l’originale castello è radicalmente cambiato e quanto resta appare di difficile lettura. Anche la posizione dei resti tuttora riconoscibili non aiuta affatto a ricostruire l’idea di quello che dovette essere in origine “l’importante castello ai limiti delle crete”. La difficile ricucitura con le strutture attuali, nate in seguito al mutare dei tempi e trasferite ad altre destinazioni, ne preclude ogni ragionevole tentativo di riuscirvi. Nel 1666 quanto ancora in essere venne acquistato dal march. Metello Bichi, anche se è possibile che i predetti signori ne avessero la disponibilità fin dal 1636, da quanto si evincerebbe dalle memorie dell’auditore del Granduca Cosimo III, Bartolomeo Gherardini il quale, a seguito di una sua possibile visita ricorda: ”che la Cappella di S. Biagio (probabile derivazione della chiesa castellana) era di patronato del marchese Metello Bichi” (3). Nella metà del 1700, il Pecci conferma che la villa apparteneva agli eredi Bichi Ruspoli. Il Merlotti nella sua opera parla in maniera entusiastica del luogo esprimendosi in tal guisa: ”…divenuto in potere dei Signori Bichi-Ruspoli marchesi di Roccalbegna, ne hanno formata una deliziosissima villa campestre. Colà ora sorge il maestoso palazzo di quei Signori, colà piacevoli viali e giardini, colà ameni piazzali e spalliere di fiori e di agrumi, artificiali boschetti, un tutto insomma sì giocondo e piacevole e tale, che se la storia di alcuni avanzi di torri e di Fortezze non ci additassero ivi essere stato uno dei più solidi fortilizi! del medio evo, oh! certamente si stenterebbe a crederlo! “Sorge parimente dentro il recinto della villa di Radi sul piazzale di mezzo il bellissimo pubblico Oratorio già dedicato a S. Biagio in luogo dell'antica chiesa del castello, già rovinata in gran parte negli anni suddivisati dal furore dei nemici. |
Fig. 2 - Il Trittico di Radi
Quest'Oratorio fu nuovamente fatto edificare dai predetti Signori marchesi Bichi nell'anno 1772; esso è ricco di stucchi e fiorami a plastica, lavori tutti eseguiti da Giuseppe Niccolo Silini. L'unico suo altare è graziosissimo, dove due serafini sorreggono un'urna a foggia di quadro con entro una piccola tavola esprimente la Vergine, lavoro di egregio, ma incognito pennello che lo coloriva intorno al secolo XIV. Non lungi da tutto il recinto della villa, ma in corte del castello presso un'antica torre di esterna fortificazione, luogo che un tempo formava parte dei possessi dei Signori Piccolomini di Siena, vedesi un altro Oratorio, a tale ridotto dall'eccellentissimo Signor Marchese Alessandro Bichi-Ruspoli, perché in origine non era che una residenza, o prospetto di un antico viale di quella villetta. Quivi sebbene non sorgavi un altare sacro ai divini misteri, con sorpresa ammirasi un affresco fatto colorire dal proprietario di quel tempo, Carlo Piccolomini, nell'anno 1521, dove l'autore in tré spartimenti a guisa di trittico figurò nella parte di mezzo Maria Vergine al naturale col Divino Bambino in modo veramente sorprendente, il cui volto in special modo sembra una vera carne; ed è così collocata in tal modestia ed atteggiamento, che veramente eleva lo spirito alla devozione, ed a profondo religioso rispetto. Nella spartizione destra figurò il Patriarca S. Domenico, e nell'altra S. Caterina V. e M., figure tutte colorite certamente da mano maestra. Gli intendenti attribuiscono quest'opera a Giacomo Pacchierotto artista fiorentino, indotti da vedere questa somigliantissima all'altra Madonna che il gran artista espresse nella tavola dell'altare sinistro della chiesa di S. Cristoforo in Siena che tanto commendò l'Abbate Lanzi” (Fig.2) (4). La cappella della villa, ad unica navata è preceduta da un atrio sul cui portale d’ingresso, dal lato interno, è posta una lapide marmorea con la scritta: DEIPARAE ET BLASIJ SACELLUM JAM DIRUTUS HUC AERE SUO TRASTULIT CAROLUS BICHI RUSPOLI ARCIS ALBINE MARCHIO ET COMES RESHIJ A M.D.CC.L.XX.II attestante che la cappella antica, ormai rovinata, venne trasferita e riedificata da Carlo Bichi Ruspoli nel 1772 (5). In seguito, e in special modo nel secolo diciannovesimo, molte furono le modifiche apportate agli edifici annessi alla Villa in relazione alle mutate destinazioni per adeguarle alle nuove esigenze di fattoria, adattandoli a ricovero dei prodotti agricoli derivati dalla gestione della tenuta (6). Note 1) G.
Merlotti - ”Memorie storiche delle Parrocchie Suburbane della Diocesi
di Siena” curate da don Mino Marchetti. Ed. Cantagalli- Siena 1995.
6)
Guido Pratesi, Bartolomeo Verdicchio – “Fattorie
in Valdarbia: Castenuovo Tancredi e Radi di Creta”. Ed.
Cantagalli 1987.2) Giuseppe Merlotti - ”Tavole Cronologiche di tutti i Rettori Antichi e Moderni delle Parrocchie della Diocesi di Siena sino all’anno 1872”. Trascrizione di Don Mino Marchetti– Siena Ed. Cantagalli– 2001. 3) G. Merlotti - ”Memorie storiche delle Parrocchie Suburbane della Diocesi di Siena” curate da don Mino Marchetti. Ed. Cantagalli- Siena 1995. 4) ibidem. 5) Roberto Guerrini - ”Monteroni Arte– Storia– Territorio” Cassa Rurale Sovicille- Alsaba 1990. Lo stemma Bichi Ruspoli Forteguerri sul cancello di Radi |
Radi di Creta |
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