Le molteplici letture del plastico di Claudio Contaldo esposto a Blu Etrusco
EVENTI NEL TERRITORIO
L'edizione di Blu Etrusco di quest'anno si è aperta in modo inedito accompagnata da due eventi apparentemente marginali ma tutt'altro da sottovalutare: una mostra d'arte e la presentazione di un manufatto. La prima dedicata alla cultura etrusca e la seconda con la realizzazione di un plastico che riproduce la stazione ferroviaria della Befa ed i suoi annessi. Dato che alla mostra di pittura è stato dedicato un breve articolo (vedi pag. 3 di questa rivista), anche per il plastico vorremmo spendere due appropriate parole. Anzitutto si tratta di un manufatto ricco di dettagli a tal punto da far apparire la pressoché dismessa stazione come se fosse tuttora funzionante, e poi per avere rinverdito nella nostra mente il ricordo dell'antica Ferrovia Carbonifera di Murlo, una delle prime strade ferrate private italiane costruita con l'intento di avviare verso i luoghi di utilizzo la lignite estratta nella zona. Storia d'altri tempi è vero, ma sempre storia del nostro territorio che in più riprese si è alternato nel ruolo di protagonista o di comprimario fino a divenire oggi la copia sbiadita di quanto non fosse un secolo fa.
La comparsa della Ferrovia Carbonifera nel comprensorio di Murlo, rappresentò per la zona un evento epocale più volte sottolineato su queste pagine, visto che si trattava di un'opera realizzata a scartamento normale, da privati, e tra le prime dell'Italia Unita. Solo per una controversia con la Cura di Montepertuso la ferrovia transitò più a ovest anziché nei pressi dell'attuale stazione della Befa, divenuta operativa solo oltre mezzo secolo dopo. Una storia per certi aspetti tragica che alimentò speranze purtroppo deluse ma che ebbe il pregio di dare la sveglia ad un territorio da sempre stretto nella morsa dell'immobilismo e della miseria per introdurlo nella realtà moderna.
Le tracce dell'originale progetto Cadolini, finalizzato ad aggirare Monte Ambrogio anziché affrontarlo con costose opere per immettersi nella valle dell'Ombrone, esistono ancora avallando la scelta del luogo ove la stazione della Befa oggi si trova. A quel tempo nessuno poteva immaginare di costeggiare luoghi di grande interesse archeologico ormai dimenticati e che si paleseranno in tutta la loro importanza durante la costruzione dell'attuale linea da Siena per Monte Antico. Infatti, superato Buonconvento la ferrovia sfiorerà l'insediamento aurignaziano dei Vadossi e, nel costeggiare il lato destro del corso dell'Ombrone, s'inserirà in un comprensorio di grande interesse archeologico culminato col disastroso attraversamento della Villa Romana della Befa. A suo tempo anche l'esercito visigoto di Alarico, di ritorno dall'avvenuto sacco di Roma provocò seri danni al territorio nel tornarsene a casa, ma non quanto riuscì a combinare la strada ferrata per Monte Antico che nell'attraversare la zona fece scomparire una buona porzione dell'antica villa. Ecco allora che il lavoro realizzato da Claudio Contaldo in occasione della presentazione di Blu Etrusco 2019 oltre a rappresentare un atto di sensibilità non comune, è divenuto una specie di pass word per focalizzare l'attenzione verso uno dei tanti luoghi di eccellenza del nostro territorio che rischiano la peggiore delle sorti ovvero l'oblio. E' quindi auspicabile che dell'esistenza del plastico ne prendano atto anche i Docenti delle nostre scuole per trovare l'occasione, durante le periodiche visite al Museo Archeologico, di far conoscere agli alunni la storia della Ferrovia per la Maremma che per buona parte ricalca l'antico tracciato della Carbonifera della Miniera di Murlo!
Quanto premesso ha fornito l'occasione per aggiungere qualcosa di più alle notizie finora espresse, con l'aggiunta di alcuni dettagli primo tra i quali il grafico tratto dalla nota pubblicazione di Adriano Betti Carboncini Siena e il Treno, edito dalle Grafiche Calosci di Cortona nel 1991, indicante la stazione di Murlo nella sua piena attività ivi compresa quella relativa al traffico merci. Con l'intensificarsi del trasporto di persone e cose su strada, coincidente con lo spopolamento delle zone rurali, venne meno la funzione di questi autentici presidi nel territorio che furono, dapprima ridimensionati e convertiti ad altro uso ed in seguito abbandonati. Solo ricordi sporadici e qualche foto riescono a fare la cronistoria di questi luoghi ed il plastico che in parte ne ricrea l'aspetto originale è cosa da tenere nella dovuta considerazione suggerendo lo spunto ad aggiungere alcune foto scattate in epoche successive a testimonianza dei mutamenti avvenuti per adeguare l'esistente alle sopravvenute esigenze del progresso.
In alto la stazione di Murlo a La Befa, come appariva nel 2008 (foto P. Giacomo); sotto il plastico realizzato da Claudio Contaldo. |
Confrontando la menzionata mappa del Carboncini col plastico di Claudio, si nota che il nostro concittadino ha riprodotto una parte della situazione originale, ovvero con il binario di corsa nella sua primitiva posizione senza però aggiungere quello di servizio che lo collegava al deposito merci. Guardando bene il grafico si nota come il tratto arrivasse nei pressi dell'abitacolo del casellante ma non per collegarsi ad esso ma piuttosto per permettere la manovra dei vagoni destinati ad effettuare le operazioni di carico e scarico presso il deposito. Col ripristino della strada ferrata distrutta durante la ritirata tedesca, venne meno l'originale assetto, con la derivazione da quello di corsa di un binario di sosta e scambio di fronte alla stazione e l'eliminazione dell'accesso al deposito ormai inutilizzato, come una foto scattata dal sottoscritto nell'agosto del 2005 mostra. Infine, a seguito del forte declino del traffico ferroviario nelle zone periferiche del nostro comune e di quelli limitrofi culminato col progressivo abbandono delle stazioni ferroviarie, quella di Murlo, assunse un diverso assetto come la bella foto del tredici luglio 2008, postata da un non meglio identificato P. Giacomo, mostra.
Lo schema dei binari della stazione di Murlo in passato |
La stazione ormai declassata, appare con il solo binario di corsa, attiva prevalentemente con fermata a richiesta, tanto da apparire con l'aspetto di tante altre ormai prive del binario di sosta utile per il movimento passeggeri e privo dell'accesso al vicino deposito, rimasto ormai isolato ed in condizioni fatiscenti.
La stesura di questi riferimenti alla linea ferroviaria che sul tracciato dell'antica Carbonifera attraversa il nostro territorio lungo la valle dell'Ombrone, richiama alla mente le opere accessorie che vennero realizzate a corredo dell'opera e che si sintetizzano in quanto ebbe a dichiarare il funzionario A. Celli della Societé Française de Chemins de Fer en Toscane allorquando la Comunità di Buonconvento sollevò il dubbio sul mancato rispetto della predetta Società sulle date di ultimazione dei lavori: "Del resto, che abbiamo lavorato lo dimostra il fatto che tutti i fabbricati dall' Isola a Montantico (40 fra stazioni, fermate e case cantoniere) sono stati costruiti; delle opere d'arte minori (circa 200 fra sopra e sottopassaggi, piccoli ponti, acquedotti, tombini, ecc.) sono quasi tutte ultimate; sei ponti della lunghezza che varia da 9 a 36 metri sono anch'essi allestiti; i due grandi ponti in calcestruzzo di cemento sull' Ombrone a Mattioni (90 metri) e a Montantico (130 metri ) sono in costruzione avanzata; di due gallerie, quella di Quinciano (273 metri) è terminata da parecchio tempo e (quella dei Tini (metri 110) sta per terminare; la sede stradale, nei tratti approvati, sarà certamente pronta molto prima che il tratto Isola-Siena, che attende ancora l'approvazione del Ministero, sia sistemato."
Nel riesumare fatti ormai vecchi di oltre un secolo, si rileva come certe abitudini nel commentare il lavoro altrui non siano troppo mutate e come in certe circostanze prevalesse più la volontà del dire di quella del fare. Proprio per sfatare questa verità purtroppo consolidata, l'opera che Claudio ha realizzato seguendo un suo impulso interiore da tutti condiviso sta a significare che il desiderio di conoscenza è tutt'altro che sopito assieme alla volontà di saperne di più sul luogo in cui viviamo.